Dio si prende cura, l’uomo si preoccupa
Il vangelo di questa domenica con don Vito Carpentiere
domenica 26 febbraio 2017
11.41
Dal vangelo secondo Matteo: In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Nessuno può servire due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro, oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire Dio e la ricchezza. Perciò io vi dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non séminano e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro? E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare anche di poco la propria vita? E per il vestito, perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi, gente di poca fede? Non preoccupatevi dunque dicendo: "Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?". Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non preoccupatevi dunque del domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena».
Eccoci alle battute finali del primo dei cinque grandi discorsi che Gesù tiene nel Vangelo di Matteo, il discorso della montagna, in cui, dopo aver proclamato le beatitudini, "magna carta" della fede cristiana in cui siamo chiamati alla felicità piena e duratura, Gesù ha definito i discepoli sale della terra, chiamati a dare sapore al mondo, e luce del mondo, che illuminano con la testimonianza delle opere quanti li circondano; quindi con una serie di antitesi ci ha invitato a vincere l'ira, il rancore, il risentimento con la grazia del perdono. Ed oggi ci fa un ulteriore dono: non cadere nella trappola dell'affanno, delle preoccupazioni, delle ansie che ci tolgono il respiro, ma semplicemente occuparci di ciò che più conta e che ci dona tutto il resto: il Regno di Dio e la sua giustizia. Ma come è possibile tutto ciò, specie per l'uomo di oggi, così sotto stress da dover ricorrere spesso a medicinali per "calmare le rapide del cuore"? Dio è colui che si ricorda, sempre e nonostante tutto, di me: se anche vi fosse una madre, ci ha detto Isaia nella paginetta della prima lettura, che per follia dovesse dimenticarsi del frutto del proprio grembo, io, dice Dio "non ti dimenticherò mai"! Dio è colui che si prende cura dei gigli del campo e degli uccelli del cielo, perché mai non dovrebbe curarsi di coloro che ha fatto a sua immagine e somiglianza?
Ma l'uomo, io, come rispondo a Dio che provvede, nel senso che vede prima e a favore? Solitamente siamo ingrati e appoggiamo tutta la nostra fiducia a ciò da cui non può dipendere né la felicità né un solo giorno, la ricchezza! "Beato l'uomo che confida nel Signore" ci dice un salmo e non si appoggia a ciò che fugace e passeggero e che da strumento assurge spesso a padrone incontrastato della nostra vita, il denaro! "Là dov'è il tuo tesoro sarà anche il tuo cuore". E il mio tesoro dov'è? In chi ho posto la mia fiducia?
Chiediamoci profondamente cosa mi procura seriamente preoccupazione ed ansia e torniamo ad occuparci di ciò che semplicemente può dare un senso alla mia vita. Buona domenica!
Eccoci alle battute finali del primo dei cinque grandi discorsi che Gesù tiene nel Vangelo di Matteo, il discorso della montagna, in cui, dopo aver proclamato le beatitudini, "magna carta" della fede cristiana in cui siamo chiamati alla felicità piena e duratura, Gesù ha definito i discepoli sale della terra, chiamati a dare sapore al mondo, e luce del mondo, che illuminano con la testimonianza delle opere quanti li circondano; quindi con una serie di antitesi ci ha invitato a vincere l'ira, il rancore, il risentimento con la grazia del perdono. Ed oggi ci fa un ulteriore dono: non cadere nella trappola dell'affanno, delle preoccupazioni, delle ansie che ci tolgono il respiro, ma semplicemente occuparci di ciò che più conta e che ci dona tutto il resto: il Regno di Dio e la sua giustizia. Ma come è possibile tutto ciò, specie per l'uomo di oggi, così sotto stress da dover ricorrere spesso a medicinali per "calmare le rapide del cuore"? Dio è colui che si ricorda, sempre e nonostante tutto, di me: se anche vi fosse una madre, ci ha detto Isaia nella paginetta della prima lettura, che per follia dovesse dimenticarsi del frutto del proprio grembo, io, dice Dio "non ti dimenticherò mai"! Dio è colui che si prende cura dei gigli del campo e degli uccelli del cielo, perché mai non dovrebbe curarsi di coloro che ha fatto a sua immagine e somiglianza?
Ma l'uomo, io, come rispondo a Dio che provvede, nel senso che vede prima e a favore? Solitamente siamo ingrati e appoggiamo tutta la nostra fiducia a ciò da cui non può dipendere né la felicità né un solo giorno, la ricchezza! "Beato l'uomo che confida nel Signore" ci dice un salmo e non si appoggia a ciò che fugace e passeggero e che da strumento assurge spesso a padrone incontrastato della nostra vita, il denaro! "Là dov'è il tuo tesoro sarà anche il tuo cuore". E il mio tesoro dov'è? In chi ho posto la mia fiducia?
Chiediamoci profondamente cosa mi procura seriamente preoccupazione ed ansia e torniamo ad occuparci di ciò che semplicemente può dare un senso alla mia vita. Buona domenica!