“Dice che era un bell’uomo e veniva dal mare”: Eraclio
Tra interventi di ristrutturazione e analisi scientifiche del monumento simbolo di Barletta. Il gigante subirà presto una manutenzione da 150mila euro
martedì 3 aprile 2012
22.27
L'immagine più simbolica della nostra città, a cui tutti i barlettani sono legati, poiché custode delle nostre identità, del passato di Barletta, di almeno un ricordo che ogni concittadino o passante e visitatore di questa straordinaria città ha affidato al Colosso di Barletta, affettuosamente noto come "Arè", Eraclio.
All'ombra di quel gigante di bronzo di oltre 5 m si sono consumati i secoli, la storia di questa città, divenendo il centro di molti studi e anche leggende di questo territorio. Nell'ottobre scorso il Comune di Barletta ha organizzato un convegno intitolato "Il ritorno del gigante", in collaborazione con le Università di Bari, Foggia e del Salento. La conclusione di tale incontro è stata: "Eraclio sta bene"; tuttavia la statua "necessita di un intervento di manutenzione". Un'eccessiva presenza di piombo dovuta agli agenti atmosferici e soprattutto inquinanti, è emersa da un'indagine sul bronzo svolta a fine settembre scorso. Il Colosso oggi sarebbe da tutelare e valorizzare non con spostamenti inutili, ma nel contesto attuale magari attraverso la completa chiusura al traffico di quel tratto di corso V. Emanuele. La statua è oggi l'unica grande effige in bronzo originale esposta all'aperto.
Recentemente l'Assessorato ai Lavori Pubblici del Municipio ha pubblicato un bando di gara per l'affidamento dei "Lavori di manutenzione e conservazione della statua di Eraclio". L'importo totale dell'intervento è di 150.000 euro. Il progetto prevede, in sintesi: rilievi all'intero manufatto bronzeo; analisi diagnostiche sulle superfici esterne; manutenzione della struttura interna della statua; restauro finale delle superfici bronzee.
Tuttavia vogliamo ricordare che i primi lavori sul Colosso di Barletta si svolsero tra il 1979 e il 1981. Questi consisterono prima nell'imbragatura con cavi d'acciaio al fine di poter sospendere la statua mediante smontaggio del basamento in pietra; ciò consentì di inserire una struttura in acciaio inox che attraverso le gambe, ora svuotate della malta pozzolanica, giungeva alle spalle. Infine si procedette al ripristino del basamento in pietra e ad una pulizia del bronzo. Inoltre, per proteggere le gambe da eventuali atti vandalici sempre possibili, si ritenne necessario foderare il loro interno con lana di vetro e i piedi furono foderati con una lastra d'acciaio. Questi lavori sono stati gli unici finora.
Il Colosso di Barletta è una delle più imponenti statue brozee dell'Alto Medioevo. Si tratta, come tutti sanno, di una statua raffigurante un imperatore bizantino, risalente con buona approssimazione al IV-V sec. d.C. Misteriosa rimane la provenienza dell'opera, forse Costantinopoli o Ravenna, e soprattutto non sappiamo, e probabilmente non lo sapremo mai, chi vi sia raffigurato. Alcuni studi iconografici parlano di Onorio, imperatore dell'Impero Romano d'Occidente dal 395 al 423; viene anche attribuito a Teodosio, Valentiniano, Costantino. Ciò che possiamo affermare senza ombra di dubbio è che non raffiguri l'imperatore Eraclio del VI sec., come vorrebbe la tradizione barlettana, anche per riscontri di natura iconografica.
Sull'arrivo a Barletta della statua si conoscono leggende e tradizioni orali, stabilendo che sia giunto sulle spiagge della città pugliese nel XIII sec. in seguito al naufragio della nave che la trasportava. Tuttavia le recenti analisi sul materiale rivelano una bassa presenza di residui di iodio e ciò dimostrerebbe come la statua non sia stata depositata a lungo in mare e dunque l'inattendibilità della teoria del naufragio. Probabilmente il Colosso venne abbandonato sulle banchine della costa, e qui dimenticato per almeno un secolo. Nel 1309 Carlo II d'Angiò autorizzò i frati francescani ad utilizzare gli arti e la calotta cranica per realizzare delle campane. Rimase dimenticata fino al XV sec quando furono aggiunte le parti mancanti e sistemata in adiacenza al "Sedile del popolo" , nel punto in cui si trova tutt'oggi. Rifatte appaiono le mani, oltre alle tozze gambe.
Con la demolizione dello storico Sedile nel 1925 venne a mancare uno dei tre perni di ferro che ne assicuravano la stabilità, cominciando a dimostrare segni di dissesto: l'intero carico, di circa 24 quintali, si scaricava solo sulle due barre di ferro penetranti nelle gambe. Il moltiplicarsi di lesioni, rese necessari i lavori di ristrutturazione di cui si è parlato.
All'ombra di quel gigante di bronzo di oltre 5 m si sono consumati i secoli, la storia di questa città, divenendo il centro di molti studi e anche leggende di questo territorio. Nell'ottobre scorso il Comune di Barletta ha organizzato un convegno intitolato "Il ritorno del gigante", in collaborazione con le Università di Bari, Foggia e del Salento. La conclusione di tale incontro è stata: "Eraclio sta bene"; tuttavia la statua "necessita di un intervento di manutenzione". Un'eccessiva presenza di piombo dovuta agli agenti atmosferici e soprattutto inquinanti, è emersa da un'indagine sul bronzo svolta a fine settembre scorso. Il Colosso oggi sarebbe da tutelare e valorizzare non con spostamenti inutili, ma nel contesto attuale magari attraverso la completa chiusura al traffico di quel tratto di corso V. Emanuele. La statua è oggi l'unica grande effige in bronzo originale esposta all'aperto.
Recentemente l'Assessorato ai Lavori Pubblici del Municipio ha pubblicato un bando di gara per l'affidamento dei "Lavori di manutenzione e conservazione della statua di Eraclio". L'importo totale dell'intervento è di 150.000 euro. Il progetto prevede, in sintesi: rilievi all'intero manufatto bronzeo; analisi diagnostiche sulle superfici esterne; manutenzione della struttura interna della statua; restauro finale delle superfici bronzee.
Tuttavia vogliamo ricordare che i primi lavori sul Colosso di Barletta si svolsero tra il 1979 e il 1981. Questi consisterono prima nell'imbragatura con cavi d'acciaio al fine di poter sospendere la statua mediante smontaggio del basamento in pietra; ciò consentì di inserire una struttura in acciaio inox che attraverso le gambe, ora svuotate della malta pozzolanica, giungeva alle spalle. Infine si procedette al ripristino del basamento in pietra e ad una pulizia del bronzo. Inoltre, per proteggere le gambe da eventuali atti vandalici sempre possibili, si ritenne necessario foderare il loro interno con lana di vetro e i piedi furono foderati con una lastra d'acciaio. Questi lavori sono stati gli unici finora.
Il Colosso di Barletta è una delle più imponenti statue brozee dell'Alto Medioevo. Si tratta, come tutti sanno, di una statua raffigurante un imperatore bizantino, risalente con buona approssimazione al IV-V sec. d.C. Misteriosa rimane la provenienza dell'opera, forse Costantinopoli o Ravenna, e soprattutto non sappiamo, e probabilmente non lo sapremo mai, chi vi sia raffigurato. Alcuni studi iconografici parlano di Onorio, imperatore dell'Impero Romano d'Occidente dal 395 al 423; viene anche attribuito a Teodosio, Valentiniano, Costantino. Ciò che possiamo affermare senza ombra di dubbio è che non raffiguri l'imperatore Eraclio del VI sec., come vorrebbe la tradizione barlettana, anche per riscontri di natura iconografica.
Sull'arrivo a Barletta della statua si conoscono leggende e tradizioni orali, stabilendo che sia giunto sulle spiagge della città pugliese nel XIII sec. in seguito al naufragio della nave che la trasportava. Tuttavia le recenti analisi sul materiale rivelano una bassa presenza di residui di iodio e ciò dimostrerebbe come la statua non sia stata depositata a lungo in mare e dunque l'inattendibilità della teoria del naufragio. Probabilmente il Colosso venne abbandonato sulle banchine della costa, e qui dimenticato per almeno un secolo. Nel 1309 Carlo II d'Angiò autorizzò i frati francescani ad utilizzare gli arti e la calotta cranica per realizzare delle campane. Rimase dimenticata fino al XV sec quando furono aggiunte le parti mancanti e sistemata in adiacenza al "Sedile del popolo" , nel punto in cui si trova tutt'oggi. Rifatte appaiono le mani, oltre alle tozze gambe.
Con la demolizione dello storico Sedile nel 1925 venne a mancare uno dei tre perni di ferro che ne assicuravano la stabilità, cominciando a dimostrare segni di dissesto: l'intero carico, di circa 24 quintali, si scaricava solo sulle due barre di ferro penetranti nelle gambe. Il moltiplicarsi di lesioni, rese necessari i lavori di ristrutturazione di cui si è parlato.