«Dica ai tedeschi di non spararmi alla testa, forse la mamma verrà a vedermi»
I fratelli Vitrani, giovani barlettani combattenti contro il nazi - fascismo
domenica 22 febbraio 2015
11.24
I fratelli barlettani Vitrani scelsero la lotta partigiana contro il nazi - fascismo, all'indomani dell'8 settembre 1943. La famiglia Vitrani era emigrata a Torino, dove risiedeva. I due fratelli, appena maggiorenni, entrarono nella stessa divisione partigiana e combatterono nella sanguinosa offensiva in Val Sangone, condotta da truppe naziste, fasciste ed SS italiane. Molti Comuni del nord Italia, a fine guerra, hanno intitolato una via ai fratelli Vitrani. Il Comune di Barletta non ha alcuna via intitolata ai fratelli partigiani.
Le formazioni partigiane nella Val Sangone (To)
La Val Sangone è una vallata ad ovest di Torino, snodo cruciale tra la Francia meridionale e l'Italia settentrionale. Qui, operarono la 43° Divisione Autonoma "Sergio De Vitis", la 41° Brigata Garibaldi "Carlo Carli", la Divisione "Campana" di Giustizia e Libertà. Molti di quei partigiani erano ragazzi della Val Sangone. Tra le loro fila, combatterono anche pugliesi, siciliani, campani, calabresi, veneti: soldati che nello sbandamento dell'8 settembre del '43 non tornarono a casa, raggiungendo i partigiani. Molti di loro sono rimasti ignoti, ci rimane solo il relativo nome di battaglia. A loro si unirono uomini nati in Russia, nella Repubblica Ceca, in Slovacchia, in Polonia, in Ucraina, che arruolati forzosamente nell'esercito tedesco, si erano uniti ai partigiani per riscattare la libertà. C'erano ufficiali inglesi e americani, paracadutati dalle forze alleate.
Pietro Vitrani nasce il 26 novembre del 1926. Rifiuta la chiamata alle armi, entrando nella 43a Divisione partigiana, comandata da Sergio De Vitis. Nel novembre 1944, durante un combattimento contro truppe nazi - fasciste presso Coazze (To), Pietro è ferito alla gamba, catturato e portato assieme ad altri prigionieri a Giaveno. Le sue ultime parole, raccolte dal parroco, che gli impartì l'assoluzione, furono:«Dica ai tedeschi di no spararmi alla testa per non essere sfigurato, forse la mamma verrà a vedermi». Pietro Vitrani aveva 18 anni quando fu fucilato il 3 dicembre 1944 a Giaveno, in piazza San Lorenzo, assieme ad altri 53 civili e 17 partigiani.
La resistenza in Val Sangone e la strage di Forno di Coazze (Torino)
Il 10 maggio del 1944 la Val Sangone, è circondata d 15.000 tra fascisti, SS italiane e soldati tedeschi (SS ed Alpenjager), coadiuvati da contingenti slavi, croati e calmucchi, con l'appoggio di carri armati pesanti, autoblindo, cannoni, mortai, mitragliatrici pesanti. L'operazione - uno tra i più efferati rastrellamenti dell'occupazione nazista in Italia - fu suddivisa in tre fasi (attacco militare, inibizione della popolazione, esecuzioni di massa) e si chiude il 18 maggio con massacri e distruzioni: 100 partigiani uccisi, borgate saccheggiate, devastate e bruciate, un numero di deportati, tre stragi di massa (Pinasca, Sant'Antonino e Forno di Coazze). Sanguinoso fu l'eccidio della fossa comune di Forno di Coazze: il 16 maggio 24 giovani, catturati nei giorni precedenti, sono mitragliati alle gambe e lasciati dissanguare per due giorni sul posto. I soldati tedeschi, aiutati da SS italiane e fascisti, procedono alla fucilazione in quattro località diverse (Bonaria, Valgioie, Giaveno e Coazze) di 41 partigiani, in gran parte catturati nel corso della prima parte del rastrellamento.
In quei giorni, gran parte delle formazioni partigiane ripiegano sui monti, alcune in modo ordinato, altre, pressate dall'avanzata avversaria, sono allo sbando. Dei 1.400 volontari, organizzati in formazioni partigiane, 291 caddero sul campo e 155 rimasero feriti; 280 furono i civili uccisi, di cui 51 fucilati per rappresaglia, 266 le case distrutte.
Ruggero Vitrani nasce a Torino il 30 marzo del 1925. Apprendista meccanico, viene chiamato alle armi e aggregato al 4 ª Reggimento Alpini, dal quale diserta dopo alcuni giorni con un gruppo di commilitoni. Entra – come suo fratello Pietro - nella 43a divisione "Sergio De Vitis" In seguito, diviene vicecomandante della brigata partigiana "Campana" di Giustizia e libertà, comandata da Giai Merlera Ugo. Dopo mesi di combattimenti, Ruggero viene catturato il 14 gennaio 1945 da un gruppo fascisti, durante il rastrellamento nazi – fascista che investì l'intera val Sangone. Ruggiero è incarcerato presso il carcere "Le Nuove" di Torino e condannato a morte il giorno dopo dal tribunale militare, assieme ad altri partigiani. Padre Ruggiero Cipolla, il cappellano del carcere di Torino, raccoglie le ultime parole di Ruggero:«Sono contento di dare il mio sangue per la libertà della Patria, e non mi importa del boia». Ruggero Vitrani fu fucilato alla schiena il 16 gennaio 1945 presso il poligono di tiro "Martinetto", a Torino, utilizzato dai fascisti della Repubblica di Salò, quale luogo di fucilazione. In quello stesso luogo, nell'arco di venti mesi, furono fucilati altri sessanta partigiani. A suo nome fu intitolata l'omonima brigata " Ruggero Vitrani". Ruggero Vitrani aveva 20 anni ed è seppellito nell'ossario di Forno di Coazze (To), l'ossario partigiano dove sono sepolti cento degli oltre trecento caduti partigiani della Val Sangone. E' stato decorato con la Medaglia d'Argento alla Memoria.
A seguire, pubblichiamo l'elenco dei partigiani barlettani caduti e dispersi nella guerra di liberazione dal nazi-fascismo.
Le formazioni partigiane nella Val Sangone (To)
La Val Sangone è una vallata ad ovest di Torino, snodo cruciale tra la Francia meridionale e l'Italia settentrionale. Qui, operarono la 43° Divisione Autonoma "Sergio De Vitis", la 41° Brigata Garibaldi "Carlo Carli", la Divisione "Campana" di Giustizia e Libertà. Molti di quei partigiani erano ragazzi della Val Sangone. Tra le loro fila, combatterono anche pugliesi, siciliani, campani, calabresi, veneti: soldati che nello sbandamento dell'8 settembre del '43 non tornarono a casa, raggiungendo i partigiani. Molti di loro sono rimasti ignoti, ci rimane solo il relativo nome di battaglia. A loro si unirono uomini nati in Russia, nella Repubblica Ceca, in Slovacchia, in Polonia, in Ucraina, che arruolati forzosamente nell'esercito tedesco, si erano uniti ai partigiani per riscattare la libertà. C'erano ufficiali inglesi e americani, paracadutati dalle forze alleate.
Pietro Vitrani nasce il 26 novembre del 1926. Rifiuta la chiamata alle armi, entrando nella 43a Divisione partigiana, comandata da Sergio De Vitis. Nel novembre 1944, durante un combattimento contro truppe nazi - fasciste presso Coazze (To), Pietro è ferito alla gamba, catturato e portato assieme ad altri prigionieri a Giaveno. Le sue ultime parole, raccolte dal parroco, che gli impartì l'assoluzione, furono:«Dica ai tedeschi di no spararmi alla testa per non essere sfigurato, forse la mamma verrà a vedermi». Pietro Vitrani aveva 18 anni quando fu fucilato il 3 dicembre 1944 a Giaveno, in piazza San Lorenzo, assieme ad altri 53 civili e 17 partigiani.
La resistenza in Val Sangone e la strage di Forno di Coazze (Torino)
Il 10 maggio del 1944 la Val Sangone, è circondata d 15.000 tra fascisti, SS italiane e soldati tedeschi (SS ed Alpenjager), coadiuvati da contingenti slavi, croati e calmucchi, con l'appoggio di carri armati pesanti, autoblindo, cannoni, mortai, mitragliatrici pesanti. L'operazione - uno tra i più efferati rastrellamenti dell'occupazione nazista in Italia - fu suddivisa in tre fasi (attacco militare, inibizione della popolazione, esecuzioni di massa) e si chiude il 18 maggio con massacri e distruzioni: 100 partigiani uccisi, borgate saccheggiate, devastate e bruciate, un numero di deportati, tre stragi di massa (Pinasca, Sant'Antonino e Forno di Coazze). Sanguinoso fu l'eccidio della fossa comune di Forno di Coazze: il 16 maggio 24 giovani, catturati nei giorni precedenti, sono mitragliati alle gambe e lasciati dissanguare per due giorni sul posto. I soldati tedeschi, aiutati da SS italiane e fascisti, procedono alla fucilazione in quattro località diverse (Bonaria, Valgioie, Giaveno e Coazze) di 41 partigiani, in gran parte catturati nel corso della prima parte del rastrellamento.
In quei giorni, gran parte delle formazioni partigiane ripiegano sui monti, alcune in modo ordinato, altre, pressate dall'avanzata avversaria, sono allo sbando. Dei 1.400 volontari, organizzati in formazioni partigiane, 291 caddero sul campo e 155 rimasero feriti; 280 furono i civili uccisi, di cui 51 fucilati per rappresaglia, 266 le case distrutte.
Ruggero Vitrani nasce a Torino il 30 marzo del 1925. Apprendista meccanico, viene chiamato alle armi e aggregato al 4 ª Reggimento Alpini, dal quale diserta dopo alcuni giorni con un gruppo di commilitoni. Entra – come suo fratello Pietro - nella 43a divisione "Sergio De Vitis" In seguito, diviene vicecomandante della brigata partigiana "Campana" di Giustizia e libertà, comandata da Giai Merlera Ugo. Dopo mesi di combattimenti, Ruggero viene catturato il 14 gennaio 1945 da un gruppo fascisti, durante il rastrellamento nazi – fascista che investì l'intera val Sangone. Ruggiero è incarcerato presso il carcere "Le Nuove" di Torino e condannato a morte il giorno dopo dal tribunale militare, assieme ad altri partigiani. Padre Ruggiero Cipolla, il cappellano del carcere di Torino, raccoglie le ultime parole di Ruggero:«Sono contento di dare il mio sangue per la libertà della Patria, e non mi importa del boia». Ruggero Vitrani fu fucilato alla schiena il 16 gennaio 1945 presso il poligono di tiro "Martinetto", a Torino, utilizzato dai fascisti della Repubblica di Salò, quale luogo di fucilazione. In quello stesso luogo, nell'arco di venti mesi, furono fucilati altri sessanta partigiani. A suo nome fu intitolata l'omonima brigata " Ruggero Vitrani". Ruggero Vitrani aveva 20 anni ed è seppellito nell'ossario di Forno di Coazze (To), l'ossario partigiano dove sono sepolti cento degli oltre trecento caduti partigiani della Val Sangone. E' stato decorato con la Medaglia d'Argento alla Memoria.
A seguire, pubblichiamo l'elenco dei partigiani barlettani caduti e dispersi nella guerra di liberazione dal nazi-fascismo.
Si ringrazia l'Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea, per la concessione dei ritratti fotografici dei fratelli Vitrani (www.istoreto.it).
Si ringrazia per la collaborazione Ruggiero Graziano, presidente dell'ANMIG (Associazione Nazionale Mutilati Invalidi di Guerra) - sezione Barletta (via Capua, 28). La redazione di BarlettaViva invita i discendenti dei fratelli Vitrani, a contattare la redazione per approfondire la conoscenza del loro illustre parente, inviando una mail al nostro indirizzo di riferimento, oppure al numero 320 4160422.
Sergio De Vitis
Nato a Lettopalena (Chieti) nel 1920, caduto a Sangano (Torino) il 26 giugno 1944, ufficiale degli Alpini, Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Dopo aver frequentato l'Accademia di Modena e la Scuola centrale militare di Aosta, De Vitis aveva partecipato alle operazioni militari in Montenegro. L'8 settembre 1943 era stato rimpatriato e si era subito collegato ai partigiani in Piemonte. Nominato comandante di una Divisione partigiana, la 43a, (che dopo la sua morte ne avrebbe assunto il nome), De Vitis, per rifornire i suoi reparti di esplosivi e di armi, decise di attaccare una polveriera a Sangano. Era il 26 giugno del 1944 e i partigiani incontrarono una resistenza non prevista. A rendere più drammatica la situazione, sopraggiunsero reparti tedeschi fortemente armati. Per quattro ore i partigiani fronteggiarono il nemico. Infine De Vitis cadde, con un pugno di suoi uomini, per consentire lo sganciamento del grosso della formazione. La Medaglia d'oro alla memoria gli è stata concessa con questa motivazione: "Comandante di elette virtù militari, combattente di leggendario valore, in numerosi aspri combattimenti infieriva duri colpi al nemico, catturando interi presidi e facendo cospicuo bottino di materiali da guerra. Durante un audace attacco ad una polveriera, sopraffatto da forze nemiche accorse di rinforzo, sosteneva per quattro ore una impari lotta, finché, costretto a fare ripiegare il proprio reparto, rimaneva con pochi compagni a proteggere il movimento. Dopo avere strenuamente lottato fino all'ultima cartuccia, cadeva in mezzo ai suoi uomini stretti intorno a lui nell'epica difesa. Il nemico, ammirato da tanto valore, gli dava onorata sepoltura ed inviava il drappo per avvolgere la salma".
Fonte A.N.P.I
Il poligono di tiro del Martinetto (TO)
La grande lapide dedicata "Ai nuovi martiri della libertà" è collocata nel recinto delle fucilazioni, unica parte sopravvissuta del grande poligono di tiro del Martinetto, destinato tra l'8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945 a luogo di esecuzione dei condannati a morte dai tribunali speciali e militari istituiti dalla Repubblica sociale di Salò, e di fucilazioni per rappresaglia. Il luogo è oggi il sacrario cittadino della resistenza, sede di una commemorazione civica che ogni anno si svolge il 5 aprile.
Fonte Wikipedia
Si ringrazia per la collaborazione Ruggiero Graziano, presidente dell'ANMIG (Associazione Nazionale Mutilati Invalidi di Guerra) - sezione Barletta (via Capua, 28). La redazione di BarlettaViva invita i discendenti dei fratelli Vitrani, a contattare la redazione per approfondire la conoscenza del loro illustre parente, inviando una mail al nostro indirizzo di riferimento, oppure al numero 320 4160422.
Sergio De Vitis
Nato a Lettopalena (Chieti) nel 1920, caduto a Sangano (Torino) il 26 giugno 1944, ufficiale degli Alpini, Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.
Dopo aver frequentato l'Accademia di Modena e la Scuola centrale militare di Aosta, De Vitis aveva partecipato alle operazioni militari in Montenegro. L'8 settembre 1943 era stato rimpatriato e si era subito collegato ai partigiani in Piemonte. Nominato comandante di una Divisione partigiana, la 43a, (che dopo la sua morte ne avrebbe assunto il nome), De Vitis, per rifornire i suoi reparti di esplosivi e di armi, decise di attaccare una polveriera a Sangano. Era il 26 giugno del 1944 e i partigiani incontrarono una resistenza non prevista. A rendere più drammatica la situazione, sopraggiunsero reparti tedeschi fortemente armati. Per quattro ore i partigiani fronteggiarono il nemico. Infine De Vitis cadde, con un pugno di suoi uomini, per consentire lo sganciamento del grosso della formazione. La Medaglia d'oro alla memoria gli è stata concessa con questa motivazione: "Comandante di elette virtù militari, combattente di leggendario valore, in numerosi aspri combattimenti infieriva duri colpi al nemico, catturando interi presidi e facendo cospicuo bottino di materiali da guerra. Durante un audace attacco ad una polveriera, sopraffatto da forze nemiche accorse di rinforzo, sosteneva per quattro ore una impari lotta, finché, costretto a fare ripiegare il proprio reparto, rimaneva con pochi compagni a proteggere il movimento. Dopo avere strenuamente lottato fino all'ultima cartuccia, cadeva in mezzo ai suoi uomini stretti intorno a lui nell'epica difesa. Il nemico, ammirato da tanto valore, gli dava onorata sepoltura ed inviava il drappo per avvolgere la salma".
Fonte A.N.P.I
Il poligono di tiro del Martinetto (TO)
La grande lapide dedicata "Ai nuovi martiri della libertà" è collocata nel recinto delle fucilazioni, unica parte sopravvissuta del grande poligono di tiro del Martinetto, destinato tra l'8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945 a luogo di esecuzione dei condannati a morte dai tribunali speciali e militari istituiti dalla Repubblica sociale di Salò, e di fucilazioni per rappresaglia. Il luogo è oggi il sacrario cittadino della resistenza, sede di una commemorazione civica che ogni anno si svolge il 5 aprile.
Fonte Wikipedia