“Di un’altra voce sarà la paura”: la scrittrice cubana Yuleisy Cruz Lezcano racconta la violenza sulle donne
La presentazione del libro, in collaborazione con l’Associazione Artinte, si terrà a Barletta il primo settembre
sabato 24 agosto 2024
Non si può restare immobili ed in silenzio di fronte ad una cruda realtà. La violenza contro le donne è un tema delicato che, nonostante i numerosi provvedimenti presi a riguardo nel corso degli ultimi anni, continua ad affliggere il nostro paese come una mina vagante. A proporre storie di donne vittime di soprusi è stata la scrittrice cubana Yuleisy Cruz Lezcano, laureata in biologia presso l'Università di Bologna.
Il suo ultimo libro "Di un'altra voce sarà la paura", pubblicato nel 2024 con la casa editrice Leonida Edizioni, offre uno spaccato di una situazione che diviene ogni giorno sempre più allarmante. Il volume sarà presentato a Barletta il prossimo primo settembre alle ore ore 18:20, presso la Sala Rossa del Castello, in un'iniziativa realizzata in collaborazione con l'Associazione Artinte.
"Tra le persone che non conoscono il fenomeno c'è una sorta di incredulità al riguardo", afferma la scrittrice durante l'intervista. E, purtroppo, questa frase esemplifica il calvario che ogni donna vittima di violenza deve affrontare per poter vedere la propria sofferenza riconosciuta e, soprattutto, ricevere l'aiuto adeguato.
Yuleisy Cruz Lezcano sa bene di cosa stiamo parlando. Insignita di numerosi premi ed autrice di un vasto bagaglio di opere, la scrittrice italo-cubana si erge a difesa di tutte quelle donne sole che non riescono ad alzare la propria voce. Il suo ultimo libro offre loro la possibilità di far conoscere le proprie storie. Diverse sono le vicende contenute nel libro, diversi i tipi di violenza e gli atti commessi; in comune c'è la volontà di sopraffazione dell'uomo e l'impotenza delle donne dinanzi al desiderio di possesso.
Ecco cosa ha dichiarato durante la nostra intervista.
Quali sono le sue considerazioni riguardo la violenza sulle donne nel nostro paese e cosa si potrebbe fare per sensibilizzare a riguardo?
«Si è fatto molto per cambiare l'andamento del fenomeno, ma ancora non è sufficiente e c'è ancora molto da fare. Nonostante se ne parli e ci sia tanta letteratura di genere, ancora non abbiamo trovato però le strategie adeguate a contrastare il fenomeno, che secondo il mio punto di vista richiede maggior impegno istituzionale, con atti soprattutto a prevenire le situazioni a rischio, a intervenire in modo tempestivo. Servono interventi culturali ed educativi a livello scolastico, l'intensificazione di incontri per educare all'affettività e al rispetto dell'altro sesso, oltre che gruppi o associazioni anche maschili per aiutare gli uomini affetti da comportamenti ossessivo-possessivi, in modo di cambiare la mentalità maschile invertendo l'andamento del fenomeno. Penso e ribadisco che sarebbe davvero utile che gli uomini creassero gruppi di sostegno per interrompere o contrastare il fenomeno della violenza di genere. Altra considerazione che potrei fare riguardo al fenomeno violenza è che spesso qualcosa cambia quando la vittima denuncia la violenza, perché oltre a ricevere sostegno per evitare effetti a lungo termine, può essere aiutata nella rielaborazione di ciò che le è accaduto, e con l'aiuto di persone esperte può essere indirizzata nella ricostruzione dell'autostima persa a causa della violenza.
Nel libro parlo spesso dello spossessamento di sé subito dalla vittima, perché diciamolo… lo stupro, la violenza, il femminicidio, la violenza vicaria, la violenza mediatica, psicologica e tutte le forme di violenza possono essere esperienze che stimolano l'autodistruzione se non vengono rielaborate».
Perché ha scelto il genere poetico per trattare questo tema?
«Ho scelto la poesia per denunciare il fenomeno perché la poesia, più di qualsiasi altra forma di scrittura, sa bene dove intingere il pennello per riportare immagini che descrivano realtà, e descrive in modo diverso le emozioni. Il poeta sa come studiare il mondo attorno a sé, sa dove incontrare la voce degli eventi e vestirlo con le parole giuste per descrivere i fatti. L'idea di pubblicare questo libro è iniziata a farsi spazio tra i miei pensieri non molto tempo fa. Inconsciamente volevo parlarne da tempo, visto che per 12 anni ho lavorato al consultorio familiare a Bologna. Oltre a questo, alcune amiche, in modo inatteso, mi hanno confidato di avere subito violenza, confermando ancora una volta che la violenza può colpire qualunque persona ed è più frequente di quello che si solito si immagina o viene raccontato e denunciato. Infatti, il libro contiene storie di cronache, storie che ho ascoltato da donne che hanno subito violenza; lo strumento poetico è lo strumento che sento più congeniale alla mia penna per svegliare coscienze ed emozioni».
In una sua precedente intervista ha affermato di aver subito anche lei, in passato, episodi di violenza. Cosa vorrebbe dire a tutte quelle donne che stanno affrontando, o hanno affrontato, la stessa situazione?
«Sì, in effetti, avevo solo 7 o 8 anni ed è successo. Avete mai sentito parlare della violenza vicaria? Perché questo tipo di violenza è quello che ha segnato la mia infanzia. Nella mia storia ho sofferto moltissimo quando un uomo che non era nemmeno mio padre, si ubriacava e picchiava mia madre davanti a me, poi la minacciava di uccidere me e mio fratello e per fare vedere che faceva sul serio tagliò la testa a tutti i miei pupazzi e al mio cane… anche di questa esperienza terribile ho scritto nel mio libro, le ho dedicato la poesia "Sei un altro" presente a pagina 51. Pertanto, so cosa vuol dire subire "violenza" e voglio dire a tutte le donne che subiscono violenza che non sono da sole, che anche io mi aggiungo per prestare la mia voce poetica per dare a loro voce e farò tutto quello che è alla mia portata per promuovere la coscienza e contrastare culturalmente il fenomeno.
Voglio inoltre dire loro di denunciare la violenza subita, che non devono colpevolizzarsi o chiedersi se in qualche modo hanno stimolato la violenza, che loro non hanno fatto nulla per meritare quello che è loro accaduto, che è necessario affrontare le proprie paure, che è arrivato il momento di riprendersi la propria vita, di lavorare per migliorare la propria autostima, che esistono mezzi e telefoni che le ascoltano, anche in maniera anonima e totalmente gratuita, che esistono dei gruppi di aiuto e misure giudiziali che le proteggono e le tutelano».
A fine interista, la scrittrice lancia un messaggio: tutti noi dobbiamo ricordarci di non giudicare. Le donne vittime di violenza entrano in un meccanismo di dipendenza, che funziona come una droga. Sembra quasi impossibile uscire da quel tunnel, da quel giogo che le trascina verso un uomo il cui solo nome provoca un brivido lungo la schiena. Ma è necessario fare in modo che qualunque donna si trovi imbrigliata in questa rete non si senta sola; al contrario, bisogna continuare a gettare i riflettori su queste dinamiche, cercando di arginare un fiume che straripa ogni singolo giorno.
Il suo ultimo libro "Di un'altra voce sarà la paura", pubblicato nel 2024 con la casa editrice Leonida Edizioni, offre uno spaccato di una situazione che diviene ogni giorno sempre più allarmante. Il volume sarà presentato a Barletta il prossimo primo settembre alle ore ore 18:20, presso la Sala Rossa del Castello, in un'iniziativa realizzata in collaborazione con l'Associazione Artinte.
"Tra le persone che non conoscono il fenomeno c'è una sorta di incredulità al riguardo", afferma la scrittrice durante l'intervista. E, purtroppo, questa frase esemplifica il calvario che ogni donna vittima di violenza deve affrontare per poter vedere la propria sofferenza riconosciuta e, soprattutto, ricevere l'aiuto adeguato.
Yuleisy Cruz Lezcano sa bene di cosa stiamo parlando. Insignita di numerosi premi ed autrice di un vasto bagaglio di opere, la scrittrice italo-cubana si erge a difesa di tutte quelle donne sole che non riescono ad alzare la propria voce. Il suo ultimo libro offre loro la possibilità di far conoscere le proprie storie. Diverse sono le vicende contenute nel libro, diversi i tipi di violenza e gli atti commessi; in comune c'è la volontà di sopraffazione dell'uomo e l'impotenza delle donne dinanzi al desiderio di possesso.
Ecco cosa ha dichiarato durante la nostra intervista.
Quali sono le sue considerazioni riguardo la violenza sulle donne nel nostro paese e cosa si potrebbe fare per sensibilizzare a riguardo?
«Si è fatto molto per cambiare l'andamento del fenomeno, ma ancora non è sufficiente e c'è ancora molto da fare. Nonostante se ne parli e ci sia tanta letteratura di genere, ancora non abbiamo trovato però le strategie adeguate a contrastare il fenomeno, che secondo il mio punto di vista richiede maggior impegno istituzionale, con atti soprattutto a prevenire le situazioni a rischio, a intervenire in modo tempestivo. Servono interventi culturali ed educativi a livello scolastico, l'intensificazione di incontri per educare all'affettività e al rispetto dell'altro sesso, oltre che gruppi o associazioni anche maschili per aiutare gli uomini affetti da comportamenti ossessivo-possessivi, in modo di cambiare la mentalità maschile invertendo l'andamento del fenomeno. Penso e ribadisco che sarebbe davvero utile che gli uomini creassero gruppi di sostegno per interrompere o contrastare il fenomeno della violenza di genere. Altra considerazione che potrei fare riguardo al fenomeno violenza è che spesso qualcosa cambia quando la vittima denuncia la violenza, perché oltre a ricevere sostegno per evitare effetti a lungo termine, può essere aiutata nella rielaborazione di ciò che le è accaduto, e con l'aiuto di persone esperte può essere indirizzata nella ricostruzione dell'autostima persa a causa della violenza.
Nel libro parlo spesso dello spossessamento di sé subito dalla vittima, perché diciamolo… lo stupro, la violenza, il femminicidio, la violenza vicaria, la violenza mediatica, psicologica e tutte le forme di violenza possono essere esperienze che stimolano l'autodistruzione se non vengono rielaborate».
Perché ha scelto il genere poetico per trattare questo tema?
«Ho scelto la poesia per denunciare il fenomeno perché la poesia, più di qualsiasi altra forma di scrittura, sa bene dove intingere il pennello per riportare immagini che descrivano realtà, e descrive in modo diverso le emozioni. Il poeta sa come studiare il mondo attorno a sé, sa dove incontrare la voce degli eventi e vestirlo con le parole giuste per descrivere i fatti. L'idea di pubblicare questo libro è iniziata a farsi spazio tra i miei pensieri non molto tempo fa. Inconsciamente volevo parlarne da tempo, visto che per 12 anni ho lavorato al consultorio familiare a Bologna. Oltre a questo, alcune amiche, in modo inatteso, mi hanno confidato di avere subito violenza, confermando ancora una volta che la violenza può colpire qualunque persona ed è più frequente di quello che si solito si immagina o viene raccontato e denunciato. Infatti, il libro contiene storie di cronache, storie che ho ascoltato da donne che hanno subito violenza; lo strumento poetico è lo strumento che sento più congeniale alla mia penna per svegliare coscienze ed emozioni».
In una sua precedente intervista ha affermato di aver subito anche lei, in passato, episodi di violenza. Cosa vorrebbe dire a tutte quelle donne che stanno affrontando, o hanno affrontato, la stessa situazione?
«Sì, in effetti, avevo solo 7 o 8 anni ed è successo. Avete mai sentito parlare della violenza vicaria? Perché questo tipo di violenza è quello che ha segnato la mia infanzia. Nella mia storia ho sofferto moltissimo quando un uomo che non era nemmeno mio padre, si ubriacava e picchiava mia madre davanti a me, poi la minacciava di uccidere me e mio fratello e per fare vedere che faceva sul serio tagliò la testa a tutti i miei pupazzi e al mio cane… anche di questa esperienza terribile ho scritto nel mio libro, le ho dedicato la poesia "Sei un altro" presente a pagina 51. Pertanto, so cosa vuol dire subire "violenza" e voglio dire a tutte le donne che subiscono violenza che non sono da sole, che anche io mi aggiungo per prestare la mia voce poetica per dare a loro voce e farò tutto quello che è alla mia portata per promuovere la coscienza e contrastare culturalmente il fenomeno.
Voglio inoltre dire loro di denunciare la violenza subita, che non devono colpevolizzarsi o chiedersi se in qualche modo hanno stimolato la violenza, che loro non hanno fatto nulla per meritare quello che è loro accaduto, che è necessario affrontare le proprie paure, che è arrivato il momento di riprendersi la propria vita, di lavorare per migliorare la propria autostima, che esistono mezzi e telefoni che le ascoltano, anche in maniera anonima e totalmente gratuita, che esistono dei gruppi di aiuto e misure giudiziali che le proteggono e le tutelano».
A fine interista, la scrittrice lancia un messaggio: tutti noi dobbiamo ricordarci di non giudicare. Le donne vittime di violenza entrano in un meccanismo di dipendenza, che funziona come una droga. Sembra quasi impossibile uscire da quel tunnel, da quel giogo che le trascina verso un uomo il cui solo nome provoca un brivido lungo la schiena. Ma è necessario fare in modo che qualunque donna si trovi imbrigliata in questa rete non si senta sola; al contrario, bisogna continuare a gettare i riflettori su queste dinamiche, cercando di arginare un fiume che straripa ogni singolo giorno.