Ddl “salva suolo”: il governo vuole frenare la cementificazione
Arrestare la speculazione edilizia, importante anche per Barletta. Contro un famelico consumo di terreno che toglie spazio al verde
mercoledì 19 settembre 2012
Ormai siamo abituati a sentir parlare e leggere solo di spread, crisi, antipolitica e, al massimo, legge elettorale. Ma la notizia, ahimè straordinaria, di queste ore è che la politica torna qualche volta a far Politica: occuparsi dei cittadini italiani e preoccuparsi del proprio territorio nazionale (in questo caso nel vero senso della parola).
Venerdì 14, al termine del Consiglio dei Ministri, è stato varato il DDl "salva suolo". Si tratterebbe di un'importante legge volta a limitare la cementificazione selvaggia delle aree una volta extraurbane, e per una corretta valorizzazione e tutela dello spazio agricolo italiano, nonché per perseguire uno sviluppo equilibrato sia delle aree urbane sia di quelle rurali. Chiari e preoccupanti i dati: in Italia ogni giorno si cementificano 100 ettari di superficie libera. Dal 1956 al 2012 il territorio nazionale edificato è aumentato del 166%. I risultati più evidenti di questo consumo famelico di territorio sono intere zone di città, molto periferiche, spesso sguarnite di servizi per il cittadino e con costruzioni dal dubbio valore estetico.
Questo è accaduto negli ultimi decenni, anche in una città come Barletta, dove l'inarrestabile scippo di suolo alla campagna è tuttora in atto. Ma per di più la logica del profitto, sta ricoprendo di cemento anche quelle aree necessarie ai residenti di una città per essere vissuta anche nei suoi spazi comuni. Bisogna riappropriarsi degli spazi pubblici e di quelle aree che connotano l'identità di questa città. Non è fuori luogo riallacciare a questo discorso il ricordo dei 'crolli' che sono rimbalzati sulla cronaca nazionale: quello del '59 di via Canosa e quello del 2011 di via Roma. Infatti, da decenni in questa, come in altre, città non si vuole porre il freno alla mera speculazione edilizia, neanche istituzionalmente, costruendo ovunque, anche sopra i ricordi e sopra i morti. Questa classe dirigente continua ad appoggiare questo tipo di espansione. Si dimentica troppo facilmente, tralasciando invece ampie zone del 'già costruito', abbandonate al proprio inesorabile destino, vedi l'ex distilleria di Barletta, ma tanti sarebbero gli esempi. Non si può vedere, in tutto il territorio agricolo, un posto per costruire, com'è accaduto recentemente a Montaltino, legandosi poi a una cronaca giudiziaria e politica.
La decisione del Governo è scaturita da una riflessione: "In 40 anni – ha ricordato il premier Monti – è stata cementificata un'area pari a Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna, passando da 18 a 13 milioni di ettari di superficie agricola. Ma sono molteplici le ricadute negative cui questo provvedimento vuole porre fine: la prima è la perdita di superficie agricola e la conseguente riduzione della produzione che impedisce al paese di soddisfare il fabbisogno alimentare nazionale e aumenta la dipendenza dall'estero". S'intende dunque raggiungere lo storico equilibrio fra città e campagna. Se questo campanello d'allarme è stato avvertito, è merito anche di comitati come Slow Food, Salviamo il Paesaggio, Legambiente, e movimenti di cittadini attenti alle tematiche ambientali, che non hanno mai taciuto tali problematiche a livello nazionale. Si auspica che tale DDl diventi presto legge, ma i singoli Comuni potevano pensarci anche prima ad arginare il consumismo di suolo.
Venerdì 14, al termine del Consiglio dei Ministri, è stato varato il DDl "salva suolo". Si tratterebbe di un'importante legge volta a limitare la cementificazione selvaggia delle aree una volta extraurbane, e per una corretta valorizzazione e tutela dello spazio agricolo italiano, nonché per perseguire uno sviluppo equilibrato sia delle aree urbane sia di quelle rurali. Chiari e preoccupanti i dati: in Italia ogni giorno si cementificano 100 ettari di superficie libera. Dal 1956 al 2012 il territorio nazionale edificato è aumentato del 166%. I risultati più evidenti di questo consumo famelico di territorio sono intere zone di città, molto periferiche, spesso sguarnite di servizi per il cittadino e con costruzioni dal dubbio valore estetico.
Questo è accaduto negli ultimi decenni, anche in una città come Barletta, dove l'inarrestabile scippo di suolo alla campagna è tuttora in atto. Ma per di più la logica del profitto, sta ricoprendo di cemento anche quelle aree necessarie ai residenti di una città per essere vissuta anche nei suoi spazi comuni. Bisogna riappropriarsi degli spazi pubblici e di quelle aree che connotano l'identità di questa città. Non è fuori luogo riallacciare a questo discorso il ricordo dei 'crolli' che sono rimbalzati sulla cronaca nazionale: quello del '59 di via Canosa e quello del 2011 di via Roma. Infatti, da decenni in questa, come in altre, città non si vuole porre il freno alla mera speculazione edilizia, neanche istituzionalmente, costruendo ovunque, anche sopra i ricordi e sopra i morti. Questa classe dirigente continua ad appoggiare questo tipo di espansione. Si dimentica troppo facilmente, tralasciando invece ampie zone del 'già costruito', abbandonate al proprio inesorabile destino, vedi l'ex distilleria di Barletta, ma tanti sarebbero gli esempi. Non si può vedere, in tutto il territorio agricolo, un posto per costruire, com'è accaduto recentemente a Montaltino, legandosi poi a una cronaca giudiziaria e politica.
La decisione del Governo è scaturita da una riflessione: "In 40 anni – ha ricordato il premier Monti – è stata cementificata un'area pari a Lombardia, Liguria ed Emilia Romagna, passando da 18 a 13 milioni di ettari di superficie agricola. Ma sono molteplici le ricadute negative cui questo provvedimento vuole porre fine: la prima è la perdita di superficie agricola e la conseguente riduzione della produzione che impedisce al paese di soddisfare il fabbisogno alimentare nazionale e aumenta la dipendenza dall'estero". S'intende dunque raggiungere lo storico equilibrio fra città e campagna. Se questo campanello d'allarme è stato avvertito, è merito anche di comitati come Slow Food, Salviamo il Paesaggio, Legambiente, e movimenti di cittadini attenti alle tematiche ambientali, che non hanno mai taciuto tali problematiche a livello nazionale. Si auspica che tale DDl diventi presto legge, ma i singoli Comuni potevano pensarci anche prima ad arginare il consumismo di suolo.