Davide, infermiere di Barletta guarito dal Covid: «I pazienti sono soli»
La storia del giovane infermiere, in corsia dall'inizio della pandemia
martedì 6 aprile 2021
Se è vero che i giovani, tutti indistintamente, stanno pagando a vario titolo un prezzo davvero alto per questa pandemia, vorremmo raccontare la storia di chi ha combattuto anche duramente contro il virus e ce l'ha fatta.
Davide Simeone, giovane barlettano, dopo tanto studio e dopo ore interminabili di tirocinio, ha conseguito nel novembre 2019 la laurea in Scienze infermieristiche. L'emozione era forte: la gioia dei parenti e degli amici, le proposte di lavoro che iniziavano ad arrivare ed infine, il primo contratto.
Solo qualche mese dopo, spunta la notizia di un virus proveniente dalla Cina che si stava pian piano diffondendo, per poi arrivare anche in Italia.
Davide è stato uno di quegli infermieri che impreparato, con nessuna esperienza alle spalle, ha deciso di rimboccarsi le maniche come è suo solito fare e di mettersi sempre al servizio per gli altri. Proprio quando i primi casi iniziavano a manifestarsi in Italia, arriva il primo contratto presso l'ambulatorio A.C.I.S.M.O.M di Andria. Nel frattempo, la BAT iniziava a registrare i primi casi.
Se i primi mesi di lavoro li ricorda organizzati, con orari ferrei da rispettare per poter accedere alle visite, pian piano la situazione ha iniziato a degenerare. I contagi aumentavano fino ad arrivare ad ottobre in cui la situazione era davvero incontenibile.
Ed è proprio in questo periodo, il 2 novembre 2020 che anche Davide ha iniziato a manifestare i primi sintomi. Alle 7.30 del mattino dello stesso giorno, avvertì una febbre "strana" che non saprebbe definire meglio. Dopo aver chiamato il suo medico curante, aver fatto la segnalazione anche all'Asl, arriva il primo tampone l'11 novembre: positivo. I dolori articolari, poi quelli gastrointestinali e anche la perdita del gusto e dell'olfatto.
Con il secondo tampone il 23 novembre finalmente risulta negativo, ma non finisce qui. Lo stesso giorno in cui pensava fosse finito un incubo, Davide corre in ospedale per una dermatite orticante che verrà poi confermata dalla dermatologa come una dermatite dovuta dal covid. Così, dopo un mese di cortisone per curare i danni che il virus ha lasciato, finalmente ritorna in ambulatorio. "Una forma tanto aggressiva per essere uno dei giovani colpiti" dice.
Ritornare in ospedale in piena seconda ondata non è stato facile, perché i contagi erano davvero tanti. Si ritiene tanto fortunato perché proprio il primo febbraio 2021 ha ricevuto la prima dose del vaccino Pfizer e dice: "Non ho avuto paura, nonostante i dubbi in merito alle vaccinazioni. Ho accettato subito senza pensarci un minuto perché so che significa proprio dopo quello che ho passato."
Arriva un dolce lieto fine: da poco più di un mese Davide ha iniziato a lavorare presso l'ospedale Bonomo di Andria e dice: "È diventato davvero tanto difficile affrontare il covid, anche a causa della solitudine che comporta. I pazienti sono soli, affrontare la degenza senza il sostegno di un parente, un amico, rende la cosa difficile anche psicologicamente".
Il giovane infermiere che si fa portavoce di tutti i giovani che combattono sul campo, dopo essere stato contagiato ed ora vaccinato, ci tiene a sottolineare come non ci sia sempre il bisogno di additare i giovani come gli untori perché essere responsabili deve essere un'esigenza comune. Attraverso Davide abbiamo voluto dare voce ad un'altra narrazione dei giovani che esiste ed è motivo di orgoglio.
Davide Simeone, giovane barlettano, dopo tanto studio e dopo ore interminabili di tirocinio, ha conseguito nel novembre 2019 la laurea in Scienze infermieristiche. L'emozione era forte: la gioia dei parenti e degli amici, le proposte di lavoro che iniziavano ad arrivare ed infine, il primo contratto.
Solo qualche mese dopo, spunta la notizia di un virus proveniente dalla Cina che si stava pian piano diffondendo, per poi arrivare anche in Italia.
Davide è stato uno di quegli infermieri che impreparato, con nessuna esperienza alle spalle, ha deciso di rimboccarsi le maniche come è suo solito fare e di mettersi sempre al servizio per gli altri. Proprio quando i primi casi iniziavano a manifestarsi in Italia, arriva il primo contratto presso l'ambulatorio A.C.I.S.M.O.M di Andria. Nel frattempo, la BAT iniziava a registrare i primi casi.
Se i primi mesi di lavoro li ricorda organizzati, con orari ferrei da rispettare per poter accedere alle visite, pian piano la situazione ha iniziato a degenerare. I contagi aumentavano fino ad arrivare ad ottobre in cui la situazione era davvero incontenibile.
Ed è proprio in questo periodo, il 2 novembre 2020 che anche Davide ha iniziato a manifestare i primi sintomi. Alle 7.30 del mattino dello stesso giorno, avvertì una febbre "strana" che non saprebbe definire meglio. Dopo aver chiamato il suo medico curante, aver fatto la segnalazione anche all'Asl, arriva il primo tampone l'11 novembre: positivo. I dolori articolari, poi quelli gastrointestinali e anche la perdita del gusto e dell'olfatto.
Con il secondo tampone il 23 novembre finalmente risulta negativo, ma non finisce qui. Lo stesso giorno in cui pensava fosse finito un incubo, Davide corre in ospedale per una dermatite orticante che verrà poi confermata dalla dermatologa come una dermatite dovuta dal covid. Così, dopo un mese di cortisone per curare i danni che il virus ha lasciato, finalmente ritorna in ambulatorio. "Una forma tanto aggressiva per essere uno dei giovani colpiti" dice.
Ritornare in ospedale in piena seconda ondata non è stato facile, perché i contagi erano davvero tanti. Si ritiene tanto fortunato perché proprio il primo febbraio 2021 ha ricevuto la prima dose del vaccino Pfizer e dice: "Non ho avuto paura, nonostante i dubbi in merito alle vaccinazioni. Ho accettato subito senza pensarci un minuto perché so che significa proprio dopo quello che ho passato."
Arriva un dolce lieto fine: da poco più di un mese Davide ha iniziato a lavorare presso l'ospedale Bonomo di Andria e dice: "È diventato davvero tanto difficile affrontare il covid, anche a causa della solitudine che comporta. I pazienti sono soli, affrontare la degenza senza il sostegno di un parente, un amico, rende la cosa difficile anche psicologicamente".
Il giovane infermiere che si fa portavoce di tutti i giovani che combattono sul campo, dopo essere stato contagiato ed ora vaccinato, ci tiene a sottolineare come non ci sia sempre il bisogno di additare i giovani come gli untori perché essere responsabili deve essere un'esigenza comune. Attraverso Davide abbiamo voluto dare voce ad un'altra narrazione dei giovani che esiste ed è motivo di orgoglio.