Dalle dimissioni di Cannito alla mozione di sfiducia. Ecco come la crisi politica è diventata irreversibile
Il commento di Federica Dibenedetto
mercoledì 13 ottobre 2021
0.27
È il giorno della sfiducia. Oggi si scrive una nuova pagina della politica barlettana. Una pagina che è destinata a rimanere impressa nella memoria collettiva. Almeno sino a quando la città non avrà un nuovo sindaco. E se l'esperienza dell'amministrazione Cannito ha insegnato qualcosa, la lezione è che le grandi coalizioni civiche poco definite rappresentano un rischio. Soprattutto se poi non si riescono a mantenere quegli equilibri che, alla fine, fanno parte della politica stessa.
Un primo segnale di come questo meccanismo fosse particolarmente complesso da gestire era già arrivato a pochi mesi dall'elezione di Cannito. Ad agosto 2018, infatti, il primo cittadino aveva rassegnato le dimissioni per poi ritirarle in tempo utile al fine di «consentire un sereno e proficuo confronto fra le forze politiche – spiegava il sindaco - senza l'assillo di scadenze che potrebbero condizionare ogni utile decisione». Insomma, un precedente c'è stato. Ma stavolta le cose sono andate diversamente.
Tre anni dopo, infatti, quella frattura è diventata insanabile. E i segnali anche in questo caso c'erano tutti. Dopo numerosi tentativi di dialogo e di riconciliazione, qualche mese fa, il gruppo Cantiere Barletta ha ufficialmente preso le distanze dalla maggioranza. A decretare l'instabilità dell'amministrazione è stato il consiglio comunale del 30 luglio, durante il quale il rendiconto finanziario è stato approvato con quindici favorevoli, quattordici contrari e quattro astenuti. In quella stessa circostanza, Cannito aveva annunciato una mozione di sfiducia nei confronti del presidente del consiglio comunale, Sabino Dicataldo, che però non è mai andata in porto. Da qui, tutta una serie di sedute consiliari sciolte per mancanza del numero legale.
Una vera e propria paralisi amministrativa sino al 9 settembre, quando Cannito ha deciso di azzerare la giunta. Il nuovo esecutivo comunale è stato formato qualche giorno dopo. Ma a quel punto, con la conferma di quasi tutti gli ex assessori, l'ingresso di due ex consiglieri e una sola new entry, le possibilità di risolvere la crisi sono diventate pari a zero. E così, Cannito, il 27 settembre ha rassegnato le dimissioni «auspicando una ricomposizione politica». Lo stesso giorno è stata protocollata la mozione di sfiducia, su iniziativa dei consiglieri di Coalizione Civica, che ha raccolto ben 18 firme. Eppure, Cannito, ha continuato a provarle tutte. Chiedendo persino al presidente Emiliano di formare una nuova maggioranza di centrosinistra visto che quella di centrodestra era andata in frantumi. Questa, però, si è rivelata un'arma a doppio taglio. Perché, non solo non ha portato a nulla ma, semmai, ha contribuito a creare malumori nel centrodestra scaricato.
La prima reazione concreta è stata quella dell'assessore Gennaro Cefola che ha rassegnato le dimissioni. Lo stesso poi ha fatto pure l'assessora Rosa Tupputi. Cannito, a questo punto, non ha avuto nemmeno la possibilità di revocare le dimissioni come aveva fatto in passato. Questa volta non avrebbe avuto senso.
Ormai, infatti, quel progetto politico avviato tre anni fa è definitivamente naufragato. Senza possibilità di scampo. Per nessuno.
Un primo segnale di come questo meccanismo fosse particolarmente complesso da gestire era già arrivato a pochi mesi dall'elezione di Cannito. Ad agosto 2018, infatti, il primo cittadino aveva rassegnato le dimissioni per poi ritirarle in tempo utile al fine di «consentire un sereno e proficuo confronto fra le forze politiche – spiegava il sindaco - senza l'assillo di scadenze che potrebbero condizionare ogni utile decisione». Insomma, un precedente c'è stato. Ma stavolta le cose sono andate diversamente.
Tre anni dopo, infatti, quella frattura è diventata insanabile. E i segnali anche in questo caso c'erano tutti. Dopo numerosi tentativi di dialogo e di riconciliazione, qualche mese fa, il gruppo Cantiere Barletta ha ufficialmente preso le distanze dalla maggioranza. A decretare l'instabilità dell'amministrazione è stato il consiglio comunale del 30 luglio, durante il quale il rendiconto finanziario è stato approvato con quindici favorevoli, quattordici contrari e quattro astenuti. In quella stessa circostanza, Cannito aveva annunciato una mozione di sfiducia nei confronti del presidente del consiglio comunale, Sabino Dicataldo, che però non è mai andata in porto. Da qui, tutta una serie di sedute consiliari sciolte per mancanza del numero legale.
Una vera e propria paralisi amministrativa sino al 9 settembre, quando Cannito ha deciso di azzerare la giunta. Il nuovo esecutivo comunale è stato formato qualche giorno dopo. Ma a quel punto, con la conferma di quasi tutti gli ex assessori, l'ingresso di due ex consiglieri e una sola new entry, le possibilità di risolvere la crisi sono diventate pari a zero. E così, Cannito, il 27 settembre ha rassegnato le dimissioni «auspicando una ricomposizione politica». Lo stesso giorno è stata protocollata la mozione di sfiducia, su iniziativa dei consiglieri di Coalizione Civica, che ha raccolto ben 18 firme. Eppure, Cannito, ha continuato a provarle tutte. Chiedendo persino al presidente Emiliano di formare una nuova maggioranza di centrosinistra visto che quella di centrodestra era andata in frantumi. Questa, però, si è rivelata un'arma a doppio taglio. Perché, non solo non ha portato a nulla ma, semmai, ha contribuito a creare malumori nel centrodestra scaricato.
La prima reazione concreta è stata quella dell'assessore Gennaro Cefola che ha rassegnato le dimissioni. Lo stesso poi ha fatto pure l'assessora Rosa Tupputi. Cannito, a questo punto, non ha avuto nemmeno la possibilità di revocare le dimissioni come aveva fatto in passato. Questa volta non avrebbe avuto senso.
Ormai, infatti, quel progetto politico avviato tre anni fa è definitivamente naufragato. Senza possibilità di scampo. Per nessuno.