Cucina per integrare: il progetto di Giovanni Rociola

Lo chef barlettano istruttore per due settimane nel centro immigrati Le Murge di Andria

sabato 28 gennaio 2017
La cucina come elemento di integrazione. Una pietanza da condividere che diventa l'occasione per raccontarsi. L'abilità ai fornelli come mezzo per ottenere una nuova possibilità. E' il progetto affrontato dallo chef barlettano Giovanni Rociola, classe 1987, per due settimane di formazione e informazione nel segno del volontariato presso il centro di accoglienza straordinaria per immigrati "Le Murge", in località quarto di Palo, ad Andria. Allievi d'eccezione sono stati 60 ospiti della struttura: provenienti in gran parte dal Nord Africa, i giovani ospiti del centro (di età compresa tra i 18 e i 28 anni) sono stati guidati «a prendere atto della stagionalità dei prodotti in modo che riescano un giorno a prendere attività lavorativa grazie alla formazione» come spiega l'ottimo Rociola.

La sua carriera ha radici nella Città della Disfida, ma ha trovato solide basi dopo un lungo e fruttuoso peregrinare. Un diploma alberghiero ottenuto nel 2006, una formazione maturata tra pasticcerie e bar locali fino al salto oltre la Manica: Cambridge. Lì Giovanni ha conosciuto la cucina tradizionale britannica, lavorando in un pub anni '50 e conservando sempre le radici come stella polare della propria esperienza ai fornelli. L'esperienza di quattro anni e mezzo nelle cucine di un pregiato ristorante di Bari ne ha arricchito il curriculum: alla stima dei clienti, però, Rociola ha voluto affiancare una dote importante. La volontà di dare qualcosa a chi cerca di trovare nuovi orizzonti. Così è maturata l'intesa con il Consorzio Matrix, gestore del Centro Cas Le Murge, e i suoi operatori: «E' un progetto che nasce dall'ostinata volontà di far capire anche a chi ha poco tra le mani che un semplice abbinamento tra patate e cipolla può risultare un ottimo piatto". Formazione al cibo, la definisce: "Lo svolgimento dell'azione volontaria era finalizzato ad un miglioramento delle preparazioni di cucina e alla giusta assimilazione di pasti».

Due settimane di lavoro, per 32 ore complessive all'opera. Tanto è durato il progetto concluso ieri, venerdì 28 gennaio. A misurarsi con pranzi e cene sono stati in 60, quanti sono gli ospiti del Centro. E' nata subito una forte empatia, figlia anche della giovane età dei partecipanti: dai 18 ai 28 anni gli aspiranti chef, 30 anni per Giovanni e qualche primavera in meno per i suoi collaboratori Giuseppe Ferrante, di Trani, e Marco Matera, di Barletta. «Davanti si sono trovati dei ragazzi come loro: anche per noi la cucina è una continua scoperta. La cosa più bella è che ognuno riusciva a dare maggior coraggio agli altri. Non si è trattato di un progetto fine a se stesso, ma nato anche per capire chi può avere un futuro in cucina». Le problematiche non sono mancate, ma «non hanno riguardato l'organizzazione quanto la proposta dei piatti: la difficoltà maggiore è stata fargli capire quanto alcuni piatti, seppur meno ricchi di ingredienti, possano essere più nutrienti». Ora sarà tempo di continuare la ricerca, affiancando al talento i protocolli necessari per operare in cucina: «Solo due di loro avevano l' HACCP (Hazard-Analysis and Critical Control Points) per poter lavorare in cucina, ma con tutti gli allievi abbiamo avuto un rapporto costante, di formazione e alimentazione della conoscenza - spiega Giovanni - e ho visto lampi di talento nel 15% dei partecipanti». Ma cosa è stato apprezzato di più dagli ospiti, una volta diventata commensali? «La focaccia, quella ha un sapore universale. O ancora una cheese-cake fatta con del pane avanzato, una torta salata di carne e pane. Abbiamo giocato molto sul recupero: il messaggio era quello. Altrimenti avremmo fatto la spesa tutti i giorni, ma che segnale avremmo dato?».