Covid, D'Ascenzo: «Mi rivolgo ai guariti, donate il plasma per salvare vite»
«Rendersi disponibili a donare il plasma è come dare qualcosa di proprio per la cura di tanti che soffrono»
mercoledì 18 novembre 2020
8.11
Si susseguono in questi giorni gli appelli, da quelli accompagnati da recensioni scientifiche a quelli con l'invito alla donazione quale gesto di solidarietà, rivolti a chi è guarito dal covid a mettere a disposizione il proprio plasma perché sia impiegato nella terapia di alcuni pazienti affetti da coronavirus. Si tratta di una possibilità terapeutica, tra le tante oggi utilizzate, per far fronte il più possibile al comune nemico di un virus purtroppo ancora tanto aggressivo, in attesa dell'arrivo di una cura sicura, efficace e duratura nel tempo.
Anche S.E. Mons. Leonardo D'Ascenzo, Arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, ha voluto unirsi al coro di queste voci: «Ho avuto modo - ha dichiarato - di approfondire la conoscenza della terapia basata sul plasma iperimmune con persone qualificate nel campo medico-scientifico, come il Dott. Ennio Peres, Primario del Centro trasfusionale dell'Ospedale Mons. Raffaele Dimiccoli di Barletta, e ho tratto la convinzione che, in attesa dell'arrivo della vaccino, si debba invitare i guariti da coronavirus a donare il proprio plasma.
Ormai è appurato - prosegue D'Ascenzo - che nei casi in cui il contagio divenga severo e sempre sotto il diretto controllo medico, quella terapia può essere risolutiva e ridare la certezza della vita a chi versa in condizioni disperate. Ho qui presente la parabola evangelica, in cui il buon samaritano, dopo essersi chinato verso il malcapitato, prende del suo per garantirgli la cura fino alla completa guarigione. Rendersi disponibili a donare il plasma, per i guariti dal coronavirus, è come dare qualcosa di proprio per la cura di tanti che soffrono a causa dello stesso agente patogeno e, quindi rappresenta una forma veramente alta di amore, di gratuità, di solidarietà».
È naturale che chi volesse donare il plasma iperimmune (però non possono le donne che hanno avuto gravidanza o interruzioni) non deve fare altro che contattare il Centro trasfusionale più vicino.
Anche S.E. Mons. Leonardo D'Ascenzo, Arcivescovo di Trani-Barletta-Bisceglie, ha voluto unirsi al coro di queste voci: «Ho avuto modo - ha dichiarato - di approfondire la conoscenza della terapia basata sul plasma iperimmune con persone qualificate nel campo medico-scientifico, come il Dott. Ennio Peres, Primario del Centro trasfusionale dell'Ospedale Mons. Raffaele Dimiccoli di Barletta, e ho tratto la convinzione che, in attesa dell'arrivo della vaccino, si debba invitare i guariti da coronavirus a donare il proprio plasma.
Ormai è appurato - prosegue D'Ascenzo - che nei casi in cui il contagio divenga severo e sempre sotto il diretto controllo medico, quella terapia può essere risolutiva e ridare la certezza della vita a chi versa in condizioni disperate. Ho qui presente la parabola evangelica, in cui il buon samaritano, dopo essersi chinato verso il malcapitato, prende del suo per garantirgli la cura fino alla completa guarigione. Rendersi disponibili a donare il plasma, per i guariti dal coronavirus, è come dare qualcosa di proprio per la cura di tanti che soffrono a causa dello stesso agente patogeno e, quindi rappresenta una forma veramente alta di amore, di gratuità, di solidarietà».
È naturale che chi volesse donare il plasma iperimmune (però non possono le donne che hanno avuto gravidanza o interruzioni) non deve fare altro che contattare il Centro trasfusionale più vicino.