Cosa significa trovare lavoro oggi? Intervista tripla a tre giovani barlettani
Bravi, coetanei e barlettani, ma hanno fatto scelte diverse dopo la laurea. Le luci e le ombre del futuro per la nuova generazione
lunedì 18 giugno 2012
La redazione di Barlettalife ha intervistato due ragazze e un ragazzo di Barlettache hanno percorsi simili e anche molto diversi: tutti e tre hanno creduto nella scelta di continuare a studiare dopo il liceo, ma uno di loro non si è mai allontanato Barletta (ad eccezione del periodo "Erasmus"), una ha scelto di formarsi in una università del nord'Italia, l'altra ha scelto di cercare lavoro all'estero dopo aver studiato a Bari. Tre esperienze a confronto che possono mettere in luce i limiti della nostra realtà cittadina che, a quanto pare, sembra molto lontana dal progresso ed estranea al contesto europeo nel quale, invece, si trova. Tutti gli intervistati hanno espressamente scelto – per ovvie ragioni - di rimanere nell'anonimato.
1 . Ingegnere, 27 anni, ha studiato presso l'Università degli Studi di Bari, non ha mai lasciato Barletta.
A distanza di due anni dalla laurea, hai trovato lavoro a Barletta? Quali difficoltà hai incontrato nella ricerca?
«Sono diventato un ingegnere, nel senso che sono quanto meno abilitato. "Se ho trovato lavoro?"… Ni, nel senso che ne ho trovato uno part – time. Il problema, nel mio ambito, non è trovare lavoro, perché quello c'è, ma è trovarne uno retribuito. Io credo che oggi il laureati lavorino per la gloria, perché essere un neolaureato è sinonimo di incompetenza per la maggior parte dei datori di lavoro».
Quindi hai detto che, in ogni modo, hai trovato un lavoro part – time. Sei soddisfatto del tuo rapporto di lavoro?
«No, non sono soddisfatto. Questo lavoro è il secondo che ho trovato da quando mi sono laureato, e l'ho voluto e accettato perché mi si prospettava la possibilità di avere quantomeno un contratto, a differenza del primo. Mi aspettavo, così, una serie di garanzie e serietà. In realtà è successo che da tre mesi che lavoro in nero e di contratto non se ne parla, né per ora e né per il futuro. E' per me una delusione non solo di aspettative, ma anche di accordi presi precedentemente».
Sei a conoscenza del Piano Straordinario del Lavoro 2011, indetto dalla Regione Puglia?
«Lo conosco e ho provato a partecipare allo "avviso n. 4/2011 - Tirocini Formativi ed incentivi all'occupazione stabile" proponendolo a studi e imprese, ma per via di una serie di clausole non è andato in porto nulla. Vorrei aggiungere che sono venuto a conoscenza di casi in cui l'azienda ha proposto questo tipo di assunzione a conoscenti/amici anche senza pretendere che questi si recassero realmente a lavoro. Il vantaggio del "lavoratore" sarebbe stato quello di intascarsi i soldi non lavorando, mentre in datore di lavoro avrebbe goduto di sgravi fiscali previsti da questo tipo di rapporto di lavoro».
Se dopo la laurea fossi andato via da Barletta come credi che sarebbe stato il tuo presente?
«In qualsiasi parte d'Italia credo che la situazione sia più o meno la stessa, ecco perché sono ancora qui. Se fossi andata all'estero probabilmente oggi sarei un lavoratore regolarmente assunto».
Hai qualcosa da aggiungere?
«Spero che, prima o poi, alla domanda "Dove ti vedi tra qualche anno?" io possa rispondere "A Barletta" e non "Dove il destino mi porterà"».
2 . Psicologa, 27 anni, ha studiato in una regione del nord Italia, poi ha scelto di cercare lavoro nella sua terra d'origine: Barletta.
Perché hai deciso di tornare a Barletta dopo l'università?
«Durante l'ultimo anno di permanenza nel nord Italia ho cominciato a considerare l'ipotesi di tornare a casa, sia perché il mondo del lavoro era saturo anche là dov'ero e sia per motivi affettivi. Così ha cominciato a non dispiacermi affatto l'idea di portare la mia esperienza a Barletta, magari provando ad offrire servizi che qui non ci sono ancora».
Cosa ti aspettavi di trovare tornando a Barletta? Quali possibilità?
«Mi aspettavo di trovare molto poco, anche se ad un certo punto sono venuta a conoscenza di bandi, borse di studio, etc. indetti dalla Regione Puglia e ho creduto che qualcosa si stesse muovendo. Ho creduto anche che la nascita della nuova provincia potesse significare crescita per il nostro territorio. In ogni caso ho creduto che Barletta avesse tutte le potenzialità per poter essere il luogo giusto in cui prendere l'iniziativa. Pensavo, inoltre, anche di poter trovare un lavoro inerente alla mia formazione, ad esempio facendo consulenza nelle scuole».
Come ti sei mossa per raggiungere i tuoi obiettivi? Hai trovato lavoro?
«Come tutti fanno, ho cominciato a lasciare il mio CV (quando lo accettavano) a scuole private e cooperative, senza ottenere alcun risultato. Ad oggi, però, finalmente collaboro con un'associazione, in forma di volontariato, grazie alla rete che sono riuscita a costruirmi frequentando corsi di formazione. Infine ho partecipato al progetto "Lo psicologo in farmacia", concordato dalla provincia di Barletta – Andria – Trani, l'Ordine Interprovinciale dei Farmacisti, Federfarma Bat e l'Ordine Regionale degli Psicologi. Il progetto però è deficitario da tanti punti di vista, è stato esteso improvvisamente anche a scuole e parrocchie, e soprattutto ci è stato proposto come possibilità di offrire consulenza, ma gratuitamente. Probabilmente se il progetto non ci fosse stato, avrei potuto propormi personalmente in una farmacia e forse la farmacia avrebbe potuto scegliere di pagarmi per questo servizio. Come puoi ben capire, invece, avendo la possibilità di offrire questo servizio senza investire nulla, nessuno psicologo verrà pagato per questo. L'unico lato positivo del progetto è che offre comunque visibilità alla nostra categoria e sottolinea l'importanza della prevenzione sanitaria ed educativa. L'altro faccia della medaglia è, pero, che sembra che ci sia un atteggiamento di svalutazione della professione».
Visto che hai conosciuto precedentemente una realtà diversa da quella barlettana, quali pensi che siano le difficoltà peculiari del nostro territorio?
«La differenza che ho sentito maggiormente è quella cosa banale (che tanto banale non è) che viene chiamata "rete di conoscenze" precostituita: in qualunque ambito io mi sia approcciata mi è stato riportato costantemente e continuamente che è assolutamente necessario avere una. Io ho deciso di fare orecchie da mercante e le persone con cui attualmente sto collaborando fanno parte di una rete che io ho costruito dopo mesi di ricerche e di corsi di formazione, così come succedeva quando non ero in puglia, e praticavo tirocini presso enti pubblici senza aver chiesto niente a nessuno. Questo è sicuramente un punto a favore. Io sono convinta che la meritocrazia può nascere, anche se abbiamo il triplo delle difficoltà rispetto ad altri nel farci strada da soli».
Hai qualcosa da aggiungere?
«Essendomi confrontata con un'altra realtà italiana e con realtà europee durante alcuni miei viaggi, considero ogni giorno l'idea di andare di nuovo via, nonostante mi senta anche molto proiettata nel rimanere qui per creare qualcosa di mio e finalmente nella mia terra».
3 . Receptionist in un albergo di Londra, laureata in Filosofia a Bari, 27 anni.
Perché hai deciso di andare via da Barletta dopo la laurea?
«Ho sempre avuto l'intenzione di fare un'esperienza fuori, sin dagli anni del liceo. Così, conseguita la laurea e trovandomi di fronte alla dura realtà odierna (in termini di disoccupazione e di pochi incentivi nei confronti dei giovani laureati e non) ho deciso di partire. Inoltre non nego, che la stretta e limitante realtà Barlettana ha contribuito a questa mia scelta».
Raccontami brevemente il tuo iter lavorativo in Inghilterra.
«Ho cominciato con la distribuzione porta a porta del mio CV (e premetto che il mio livello di Inglese era al quanto scolastico, quindi al di sotto della media Europea). All'inizio non hai scelta o meglio non hai la pretesa di scegliere quello che ti piace, devi prendere quello che ti capita e cogliere l'attimo giusto. Così ho cominciato a lavorare in un Hotel dove servivo per le colazioni colazione. Lavorando il mio inglese ha cominciato a migliorare e veniva sempre meno l'imbarazzo di comunicare con i madrelingua! E, ad un certo punto, ho sentito di poter fare un passo oltre e ho fatto un "APPLY" per diventare Supervisor in un Italian Delicatessen (nell'area gastronomia); sono stata assunta e sono rimasta là per circa 2 mesi, finché un bel giorno i miei ex managers mi hanno richiamata, offrendomi un lavoro da Receptionist.... e da un anno a questa parte ricopro ancora questa posizione».
Come credi che sarebbe stato il tuo presente se fossi rimasta a Barletta?
«Positivo, nell'aver vicino la famiglia e gli amici. Drammatico dal punto di vista professionale. C'è troppa aria di passività culturale in Italia, e soprattutto al sud. Spazi, menti troppo ristrette e meritocrazia pari a zero».
Qual è il valore aggiunto della politica del lavoro in Inghilterra?
«Il valore aggiunto è sicuramente la meritocrazia. L'Inghilterra è un Paese dove si prescinde dalla nazionalità, religione ed orientamento sessuale; dove le capacità e la costanza vengono premiate e dove non serve avere un cognome importante per diventare importanti».
Hai dei suggerimenti per i tuoi paesani?
«Sì: non abbandonatevi all'inerzia culturale e cercate di costruire e di apportare idee innovative! E infine: "Keep calm and carry on"».
[Serena Lacerenza]
1 . Ingegnere, 27 anni, ha studiato presso l'Università degli Studi di Bari, non ha mai lasciato Barletta.
A distanza di due anni dalla laurea, hai trovato lavoro a Barletta? Quali difficoltà hai incontrato nella ricerca?
«Sono diventato un ingegnere, nel senso che sono quanto meno abilitato. "Se ho trovato lavoro?"… Ni, nel senso che ne ho trovato uno part – time. Il problema, nel mio ambito, non è trovare lavoro, perché quello c'è, ma è trovarne uno retribuito. Io credo che oggi il laureati lavorino per la gloria, perché essere un neolaureato è sinonimo di incompetenza per la maggior parte dei datori di lavoro».
Quindi hai detto che, in ogni modo, hai trovato un lavoro part – time. Sei soddisfatto del tuo rapporto di lavoro?
«No, non sono soddisfatto. Questo lavoro è il secondo che ho trovato da quando mi sono laureato, e l'ho voluto e accettato perché mi si prospettava la possibilità di avere quantomeno un contratto, a differenza del primo. Mi aspettavo, così, una serie di garanzie e serietà. In realtà è successo che da tre mesi che lavoro in nero e di contratto non se ne parla, né per ora e né per il futuro. E' per me una delusione non solo di aspettative, ma anche di accordi presi precedentemente».
Sei a conoscenza del Piano Straordinario del Lavoro 2011, indetto dalla Regione Puglia?
«Lo conosco e ho provato a partecipare allo "avviso n. 4/2011 - Tirocini Formativi ed incentivi all'occupazione stabile" proponendolo a studi e imprese, ma per via di una serie di clausole non è andato in porto nulla. Vorrei aggiungere che sono venuto a conoscenza di casi in cui l'azienda ha proposto questo tipo di assunzione a conoscenti/amici anche senza pretendere che questi si recassero realmente a lavoro. Il vantaggio del "lavoratore" sarebbe stato quello di intascarsi i soldi non lavorando, mentre in datore di lavoro avrebbe goduto di sgravi fiscali previsti da questo tipo di rapporto di lavoro».
Se dopo la laurea fossi andato via da Barletta come credi che sarebbe stato il tuo presente?
«In qualsiasi parte d'Italia credo che la situazione sia più o meno la stessa, ecco perché sono ancora qui. Se fossi andata all'estero probabilmente oggi sarei un lavoratore regolarmente assunto».
Hai qualcosa da aggiungere?
«Spero che, prima o poi, alla domanda "Dove ti vedi tra qualche anno?" io possa rispondere "A Barletta" e non "Dove il destino mi porterà"».
2 . Psicologa, 27 anni, ha studiato in una regione del nord Italia, poi ha scelto di cercare lavoro nella sua terra d'origine: Barletta.
Perché hai deciso di tornare a Barletta dopo l'università?
«Durante l'ultimo anno di permanenza nel nord Italia ho cominciato a considerare l'ipotesi di tornare a casa, sia perché il mondo del lavoro era saturo anche là dov'ero e sia per motivi affettivi. Così ha cominciato a non dispiacermi affatto l'idea di portare la mia esperienza a Barletta, magari provando ad offrire servizi che qui non ci sono ancora».
Cosa ti aspettavi di trovare tornando a Barletta? Quali possibilità?
«Mi aspettavo di trovare molto poco, anche se ad un certo punto sono venuta a conoscenza di bandi, borse di studio, etc. indetti dalla Regione Puglia e ho creduto che qualcosa si stesse muovendo. Ho creduto anche che la nascita della nuova provincia potesse significare crescita per il nostro territorio. In ogni caso ho creduto che Barletta avesse tutte le potenzialità per poter essere il luogo giusto in cui prendere l'iniziativa. Pensavo, inoltre, anche di poter trovare un lavoro inerente alla mia formazione, ad esempio facendo consulenza nelle scuole».
Come ti sei mossa per raggiungere i tuoi obiettivi? Hai trovato lavoro?
«Come tutti fanno, ho cominciato a lasciare il mio CV (quando lo accettavano) a scuole private e cooperative, senza ottenere alcun risultato. Ad oggi, però, finalmente collaboro con un'associazione, in forma di volontariato, grazie alla rete che sono riuscita a costruirmi frequentando corsi di formazione. Infine ho partecipato al progetto "Lo psicologo in farmacia", concordato dalla provincia di Barletta – Andria – Trani, l'Ordine Interprovinciale dei Farmacisti, Federfarma Bat e l'Ordine Regionale degli Psicologi. Il progetto però è deficitario da tanti punti di vista, è stato esteso improvvisamente anche a scuole e parrocchie, e soprattutto ci è stato proposto come possibilità di offrire consulenza, ma gratuitamente. Probabilmente se il progetto non ci fosse stato, avrei potuto propormi personalmente in una farmacia e forse la farmacia avrebbe potuto scegliere di pagarmi per questo servizio. Come puoi ben capire, invece, avendo la possibilità di offrire questo servizio senza investire nulla, nessuno psicologo verrà pagato per questo. L'unico lato positivo del progetto è che offre comunque visibilità alla nostra categoria e sottolinea l'importanza della prevenzione sanitaria ed educativa. L'altro faccia della medaglia è, pero, che sembra che ci sia un atteggiamento di svalutazione della professione».
Visto che hai conosciuto precedentemente una realtà diversa da quella barlettana, quali pensi che siano le difficoltà peculiari del nostro territorio?
«La differenza che ho sentito maggiormente è quella cosa banale (che tanto banale non è) che viene chiamata "rete di conoscenze" precostituita: in qualunque ambito io mi sia approcciata mi è stato riportato costantemente e continuamente che è assolutamente necessario avere una. Io ho deciso di fare orecchie da mercante e le persone con cui attualmente sto collaborando fanno parte di una rete che io ho costruito dopo mesi di ricerche e di corsi di formazione, così come succedeva quando non ero in puglia, e praticavo tirocini presso enti pubblici senza aver chiesto niente a nessuno. Questo è sicuramente un punto a favore. Io sono convinta che la meritocrazia può nascere, anche se abbiamo il triplo delle difficoltà rispetto ad altri nel farci strada da soli».
Hai qualcosa da aggiungere?
«Essendomi confrontata con un'altra realtà italiana e con realtà europee durante alcuni miei viaggi, considero ogni giorno l'idea di andare di nuovo via, nonostante mi senta anche molto proiettata nel rimanere qui per creare qualcosa di mio e finalmente nella mia terra».
3 . Receptionist in un albergo di Londra, laureata in Filosofia a Bari, 27 anni.
Perché hai deciso di andare via da Barletta dopo la laurea?
«Ho sempre avuto l'intenzione di fare un'esperienza fuori, sin dagli anni del liceo. Così, conseguita la laurea e trovandomi di fronte alla dura realtà odierna (in termini di disoccupazione e di pochi incentivi nei confronti dei giovani laureati e non) ho deciso di partire. Inoltre non nego, che la stretta e limitante realtà Barlettana ha contribuito a questa mia scelta».
Raccontami brevemente il tuo iter lavorativo in Inghilterra.
«Ho cominciato con la distribuzione porta a porta del mio CV (e premetto che il mio livello di Inglese era al quanto scolastico, quindi al di sotto della media Europea). All'inizio non hai scelta o meglio non hai la pretesa di scegliere quello che ti piace, devi prendere quello che ti capita e cogliere l'attimo giusto. Così ho cominciato a lavorare in un Hotel dove servivo per le colazioni colazione. Lavorando il mio inglese ha cominciato a migliorare e veniva sempre meno l'imbarazzo di comunicare con i madrelingua! E, ad un certo punto, ho sentito di poter fare un passo oltre e ho fatto un "APPLY" per diventare Supervisor in un Italian Delicatessen (nell'area gastronomia); sono stata assunta e sono rimasta là per circa 2 mesi, finché un bel giorno i miei ex managers mi hanno richiamata, offrendomi un lavoro da Receptionist.... e da un anno a questa parte ricopro ancora questa posizione».
Come credi che sarebbe stato il tuo presente se fossi rimasta a Barletta?
«Positivo, nell'aver vicino la famiglia e gli amici. Drammatico dal punto di vista professionale. C'è troppa aria di passività culturale in Italia, e soprattutto al sud. Spazi, menti troppo ristrette e meritocrazia pari a zero».
Qual è il valore aggiunto della politica del lavoro in Inghilterra?
«Il valore aggiunto è sicuramente la meritocrazia. L'Inghilterra è un Paese dove si prescinde dalla nazionalità, religione ed orientamento sessuale; dove le capacità e la costanza vengono premiate e dove non serve avere un cognome importante per diventare importanti».
Hai dei suggerimenti per i tuoi paesani?
«Sì: non abbandonatevi all'inerzia culturale e cercate di costruire e di apportare idee innovative! E infine: "Keep calm and carry on"».
[Serena Lacerenza]