Contro la devastazione degli ulivi e del verde nostrano: il comunicato del Collettivo Exit

Un comunicato d'accusa, rivolto ad un'amministrazione giudicata inadeguata e arrogante

sabato 25 febbraio 2017 07.15
Una missiva, questo il comunicato stampa del collettivo "Exit" riguardante la difficile situazioni degli ulivi nella città di Barletta che recita : «Dev'essere dura essere un albero a Barletta. Radici strette in cubicoli di marciapiede e fronde in alto a godersi quell'arietta particolare con quel sapore caratteristico che solo chi ha la fortuna di vivere in una città dove in un anno vengono bruciati 65.000 tonnellate di rifiuti può provare. Ed è davvero un peccato che non possano parlare. Altrimenti ne avremmo sentite di bestemmie, ogniqualvolta siano stati implicati loro malgrado in delle gran figure di merda paradossali. Come quando alcuni di loro furono piantati con gran tripudio di stampa, di scolaresche in libera uscita e gran codazzo di notabili, proprio da chi di quelle tonnellate di rifiuti bruciati è il responsabile, in una sorta di scambio simbolico del tipo "ti appesto la città, ma in cambio ti pianto quattro alberelli". O, ancora più comicamente, quando un gruppuscolo di neofascistelli nostrani, non si sa bene dove, non si sa bene quando, ma soprattutto non si sa bene perché, "dicono" di aver piantato un Virile e Italico Virgulto Slanciato Verso Il Cielo A difesa della sacra patria natia.

Ora, nessuno ha visto questo albero, e non penso gli abbiano chiesto il passaporto. Magari era una palma, vil razza dannata da ricacciare a casa sua contro quale si sono scagliati i colleghi milanesi del suddetto gruppuscolo. Non sappiamo, non ci interessa, ma pensate che imbarazzo deve aver provato quel povero albero, per cui i concetti di patria e nazione saranno probabilmente oscuri, a essere strumentalizzato da gente che al massimo può seminare odio di bassa qualità, e nient'altro. Ma che non sia un buon periodo per i pochi resistenti della popolazione arborea locale è testimoniato anche dagli ultimi avvenimenti di cronaca, ben più preoccupanti. È notizia di qualche giorno fa che una colossale operazione di abbattimento ha falcidiato numerosi alberi di ulivo nell'area dell'ex cartiera.

Notizia più recente, una superficie di 10 ettari in via vecchia canne pare abbia subito lo stesso trattamento, con tanto di minacce ai giornalisti andati a dare un'occhiata. Strano che qualcuno finora non abbia ancora invocato lo spettro della xylella per giustificare un così brutale attacco al patrimonio ambientale della città. È che probabilmente gli autori di tale gesto non hanno bisogno di addurre alcuna motivazione. Tanto grande è l'arroganza di chi specula sull'ambiente che non sente il bisogno di giustificarsi, convinto che tutto ciò che assicura loro profitti gli è dato di diritto, e guai a mettersi in mezzo. Come non vedere dietro queste operazione di abbattimento la longa manus della cricca dei vari palazzinari, cementificatori, costruttori che continua, silenziosamente a dettar legge e a plasmare il tessuto cittadino come a loro fa più comodo, con la classe politica che servilmente cerca di spianargli comodamente la strada? Cementificazione, consumo di suolo, danni ambientali. A spese degli ulivi, e a spese nostre, costretti ad abitare in una città in cui il disastro ambientale in atto si arricchisce di sempre nuovi inquietanti dettagli.

Per questo oggi sugli alberi della città di Barletta sono apparsi manifesti mortuari che annunciano la dipartita dei fratelli ulivi falcidiati da imprenditori senza scrupoli e da una classe politica al guinzaglio di questi ultimi.
Ma cerchiamo di non alzare troppo il polverone su una vicenda per la quale potremmo correre il serio rischio di svegliare dal torpore il Sindaco Cascella e la sua amministrazione che potrebbero decidere di abbandonare il fortino in cui ormai si sono rinchiusi e uscire all'aperto, andando a rendersi conto di persona di quello che sta avvenendo e prendendo dei provvedimenti.
Ma possiamo rimanere tranquilli: tutto ciò non avverrà, tutto continuerà come prima, in un eterno presente fatto di arroganza e soprusi.»