«Che cos’è che desta? Cos’è la sinistra?»
Presentato a Barletta il progetto politico "Coalizione sociale"
lunedì 10 agosto 2015
11.18
Non vuole essere un partito, né una bandierina da sventolare alle manifestazioni; la coalizione sociale è un progetto che rimette al centro del dialogo collettivo le libertà individuali, i diritti e l'integrazione, oggi fortemente minacciati dal pacchetto di riforme del governo Renzi. E se la democrazia è il governo attraverso la discussione (John Stuart Mill), per discutere della ricattabilità, del ritorno alle trivellazioni, alla scuola come appendice formativo-aziendale, del fallimento della sinistra partitica, si sono riuniti sabato sera al Lido Pascià di Barletta i portavoce delle realtà associazionistiche più pregnanti e dinamiche d'Italia. «Abbiamo due esempi "mediterranei" (Syriza e Podemos) di come le sacche di resistenza siano più che mai attive contro l'Europa politica, con il mutualismo e l'autorganizzazione per gestire la precarietà materiale ed esistenziale. Bisogna tenere in piedi gli ultimi brandelli di Welfare State rimasti ed è importante incontrarci qui oggi a Barletta, che ha un laboratorio come Sinistra per Barletta (di cui Nelly Arbore è portavoce) e ha esperito la realtà del reddito di formazione» afferma Carmine Doronzo, presidente della Commissione Cultura del Comune di Barletta.
«Margaret Thatcher disse che la società non esiste - ricorda Claudio Riccio, portavoce nazionale ACT Agire Costruire Trasformare-ed è da questa asserzione agghiacciante che bisogna ripartire per ricucire il tessuto sociale. Ma il punto è: ne siamo capaci? Siamo in grado di indignarci di fronte ai tre braccianti morti nelle campagne pugliesi, ai più di 10 milioni di italiani che vivono in povertà assoluta e relativa? Per potenziare le pratiche verso cui vogliamo che il governo vada, è necessaria una mobilitazione capillare che faccia guerra alle disuguaglianze e alla politica dello spettacolo. Chi ha bisogno di politica oggi non sono i signori che la fanno: loro occupano solo degli spazi, ma il vero bisogno di politica è di chi ha sentito sulla propria pelle le conseguenze critiche dei personalismi italiani». Ecco, dunque, la necessità di una coalizione, un recupero della percezione di utilità dell'associazionismo. Su questo punto insiste il portavoce nazionale della rete della Conoscenza, Riccardo Laterza: «Siamo appena usciti dalla fase1 del governo Renzi, che ha portato a casa Buona Scuola e Jobs Act con una grande perdita di consenso. Adesso si entrerà nella fase2, con un taglio di 10 miliardi sulla sanità. Rendiamoci conto che stanno recidendo i pilastri dello Stato sociale e che l'Europa politica usa il debito pubblico per ricattare i paesi. Non si rendono conto, invece, che noi siamo creditori di diritti, di valori democratici; la società va ripoliticizzata a partire dalla costruzione locale (riqualificazione degli spazi urbani e mutualismo), fino ad annullare la ricattabilità occupazionale e creare praticabili alternative al già dato». Davide Giove - Presidente Arci Puglia e Claudio Grassi - Sinistra e Lavoro parlano della coalizione sociale come una bussola delle istanze, qualcosa che orienti i soggetti ad essere tali; un movimento italiano omologo a quello spagnolo (Podemos) e greco (Syriza) contro le imposizioni neo-liberiste. Conclude il dibattito Michele De Palma - Segreteria Nazionale FIOM CGIL: «Ignorati su scuola, lavoro, Fiat, Bridgestone, Taranto, ai sindacati non rimane che la via corporativa. Il rapporto occupazione-territorio è giocato sull'indifferenza: se vuoi lavorare, non devi guardare ciò che c'è nei tuoi polmoni. Mentre nel mondo intero si parla di green economy e di trovare energie rinnovabili, nel Mezzogiorno si torna a trivellare con la promessa di un posto di lavoro. Si torna al passato promettendo un futuro migliore ed è questo il grande paradosso; la Val d'Agri in Basilicata è un esempio su tutti. Dobbiamo far valere la volontà di vivere in questo mondo, non di sopravviverci lavorando. Questa non sarà una coalizione di sinistra, ma un'unione di uomini di sinistra, che abbiano il rispetto sociale alla base della loro struttura cerebrale».
L'indifferenza è il peso morto della storia. L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l'assenteismo e l'indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. Si può passare da Gramsci a Amartya Sen, quando ricorda che Le conseguenze economiche della pace (dedicato alla formazione dell'opinione pubblica del futuro) di Keynes si conclude con un collegamento tra epistemologia e politica: in questo mondo-scrive Keynes-possiamo fare la differenza solo mettendo in moto quelle forze dell'istruzione e dell'immaginazione che fanno cambiare le opinioni.
Ecco, è sul campo dell'energia pensante che si gioca la partita differenza-indifferenza e l'Italia non può più guardare alle trasferte; deve giocare in casa. Lo stesso Doronzo ammette che la coalizione sociale è il sintomo del fallimento della sinistra partitica dei protagonismi, della burocrazia, delle lotte intestine; un contenitore utile per riscattare chi vive ai margini delle decisioni pubbliche e per attuare una reale insubordinazione: «Pablo Iglesias e ad Alexis Tsipras sono figli della sinistra radicale e tante volte mi verrebbe da dir loro che ci siamo anche noi, che anche noi apparteniamo a quella scuola. Entreremo alla second'ora, ma entreremo… scusate il ritardo».
«Margaret Thatcher disse che la società non esiste - ricorda Claudio Riccio, portavoce nazionale ACT Agire Costruire Trasformare-ed è da questa asserzione agghiacciante che bisogna ripartire per ricucire il tessuto sociale. Ma il punto è: ne siamo capaci? Siamo in grado di indignarci di fronte ai tre braccianti morti nelle campagne pugliesi, ai più di 10 milioni di italiani che vivono in povertà assoluta e relativa? Per potenziare le pratiche verso cui vogliamo che il governo vada, è necessaria una mobilitazione capillare che faccia guerra alle disuguaglianze e alla politica dello spettacolo. Chi ha bisogno di politica oggi non sono i signori che la fanno: loro occupano solo degli spazi, ma il vero bisogno di politica è di chi ha sentito sulla propria pelle le conseguenze critiche dei personalismi italiani». Ecco, dunque, la necessità di una coalizione, un recupero della percezione di utilità dell'associazionismo. Su questo punto insiste il portavoce nazionale della rete della Conoscenza, Riccardo Laterza: «Siamo appena usciti dalla fase1 del governo Renzi, che ha portato a casa Buona Scuola e Jobs Act con una grande perdita di consenso. Adesso si entrerà nella fase2, con un taglio di 10 miliardi sulla sanità. Rendiamoci conto che stanno recidendo i pilastri dello Stato sociale e che l'Europa politica usa il debito pubblico per ricattare i paesi. Non si rendono conto, invece, che noi siamo creditori di diritti, di valori democratici; la società va ripoliticizzata a partire dalla costruzione locale (riqualificazione degli spazi urbani e mutualismo), fino ad annullare la ricattabilità occupazionale e creare praticabili alternative al già dato». Davide Giove - Presidente Arci Puglia e Claudio Grassi - Sinistra e Lavoro parlano della coalizione sociale come una bussola delle istanze, qualcosa che orienti i soggetti ad essere tali; un movimento italiano omologo a quello spagnolo (Podemos) e greco (Syriza) contro le imposizioni neo-liberiste. Conclude il dibattito Michele De Palma - Segreteria Nazionale FIOM CGIL: «Ignorati su scuola, lavoro, Fiat, Bridgestone, Taranto, ai sindacati non rimane che la via corporativa. Il rapporto occupazione-territorio è giocato sull'indifferenza: se vuoi lavorare, non devi guardare ciò che c'è nei tuoi polmoni. Mentre nel mondo intero si parla di green economy e di trovare energie rinnovabili, nel Mezzogiorno si torna a trivellare con la promessa di un posto di lavoro. Si torna al passato promettendo un futuro migliore ed è questo il grande paradosso; la Val d'Agri in Basilicata è un esempio su tutti. Dobbiamo far valere la volontà di vivere in questo mondo, non di sopravviverci lavorando. Questa non sarà una coalizione di sinistra, ma un'unione di uomini di sinistra, che abbiano il rispetto sociale alla base della loro struttura cerebrale».
L'indifferenza è il peso morto della storia. L'indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l'intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare. Tra l'assenteismo e l'indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa. Si può passare da Gramsci a Amartya Sen, quando ricorda che Le conseguenze economiche della pace (dedicato alla formazione dell'opinione pubblica del futuro) di Keynes si conclude con un collegamento tra epistemologia e politica: in questo mondo-scrive Keynes-possiamo fare la differenza solo mettendo in moto quelle forze dell'istruzione e dell'immaginazione che fanno cambiare le opinioni.
Ecco, è sul campo dell'energia pensante che si gioca la partita differenza-indifferenza e l'Italia non può più guardare alle trasferte; deve giocare in casa. Lo stesso Doronzo ammette che la coalizione sociale è il sintomo del fallimento della sinistra partitica dei protagonismi, della burocrazia, delle lotte intestine; un contenitore utile per riscattare chi vive ai margini delle decisioni pubbliche e per attuare una reale insubordinazione: «Pablo Iglesias e ad Alexis Tsipras sono figli della sinistra radicale e tante volte mi verrebbe da dir loro che ci siamo anche noi, che anche noi apparteniamo a quella scuola. Entreremo alla second'ora, ma entreremo… scusate il ritardo».