Cassiere, commesse e forze dell'ordine: gli eroi senza altoparlanti dell'emergenza
Il dottor Saverio Costantino: «È curioso rendersi sempre più conto di come siano sempre le persone semplici a salvare il mondo»
domenica 6 dicembre 2020
11.30
«L'essenziale e ogni altro senso del sacrificio hanno sempre insegnato più del superfluo. Nessuno può negare che questo sia un periodo difficile, anche se è innegabile che non sia il peggiore nell'ultimo secolo, come ci racconta l'esperienza dei nostri nonni e genitori, che ci insegnano quanto la fatica abbia costruito la serenità, più che il vuoto del vizio». Inizia così la riflessione del dottor Saverio Costantino, psicologo-psicoterapeuta e psicologo della riabilitazione psichiatrica.
«Le gesta di un soldato, un povero soldato caduto in guerra, le hanno sempre raccontate gli altri. Oggi gli altoparlanti della dimensione sociale, spesso lente di ingrandimento del nulla, narrano le vicende di chi ha la possibilità di scriverle, di narrarle, di chi le urla a gran voce, mentre la gran parte resta silenziosa ed operosa, senza avere neanche il tempo di guardarsi intorno.
Premesso che l'eroe non si sente e non si dichiara tale, quindi chi narra di esserlo non è autentico, perché il viaggio dell'eroe è prevalentemente interiore; sicuramente ci siamo assuefatti a immagini dell'ambito sanitario, che non riguarda solo i reparti Covid, ma tutti gli ambiti di cura e di accoglienza, come quello dove magari opero io, la riabilitazione psichiatrica, dove ospiti più fragili hanno dovuto affrontare, spesso anche meglio di altri tale periodo…ma su questo cada pure il silenzio della normalità.
Dietro medici silenziosi, tanti bravi operatori, e dietro medici rumorosi, tanti comportamenti discutibili. La regola non c'è.
Nel mio muovermi come operatore sanitario quando gli altri erano protetti, non costretti come la più becera politica esprime, incrociavo posti di blocco e rappresentanti delle forze dell'ordine, anche loro un segno di vita, quel "tutto è in ordine siamo protetti"; non nascondo che qualche volta incrociarli è stato un motivo per chiedersi a vicenda "come state, come va".
Ma voglio evocare la presenza, nei periodi in cui tutto era chiuso, di quelle figure di frontiera, come le cassiere e le commesse dei supermercati, i corrieri delle spedizioni e operatori della quotidianità, figure che incontravamo e ne avevamo il senso di vita; potevamo salutare qualcuno, scambiare con loro due parole, erano dei supporter non barricati dietro il telelavoro, uso per questo il termine italiano per recuperarne identità, e non avevano la bardatura da marziani, erano e lo sono tutt'ora umani e presenti.
Allora come è fatto un eroe? L'eroe è sempre quello che resta, quello che il campo non lo abbandona. Proprio come loro che nella quotidianità hanno sempre mantenuto il loro posto. Per loro, però, non ho visto nessuna spinta alla gratitudine, hanno svolto il loro dovere, come per tutti sicuro, ma restano esemplari rappresentanti del semplice e dell'impegno.
Insomma voglio dire che chi ha sostenuto la quotidianità, ha anche dato il segno di esserci, del supporto, dello scambio senza il ritiro e la paura di contaminarsi, quasi degli psicologi naturali così indifesi, ma così efficaci, perché arrivavano con autenticità e semplicità, altroché il rischio burnout che un articolo infelice attribuiva agli psicologici, un vero paradosso, insomma chi deve aiutare e prevenirlo ne è portatore.
Io mi sono nutrito dei miei pazienti che con tutta la sofferenza che portano sulla pelle e nelle ossa hanno sorriso anche a questa; ho dialogato con le cassiere del supermercato che con il sorriso erano felici di esserci, eppure loro non hanno premi e incarichi di direzione, percepiscono mille euro al mese; ho incontrato le forze dell'ordine che consigliavano, e prescrivevano come un super-io paterno.
È proprio curioso rendersi sempre più conto di come siano sempre le persone semplici a salvare il mondo».
«Le gesta di un soldato, un povero soldato caduto in guerra, le hanno sempre raccontate gli altri. Oggi gli altoparlanti della dimensione sociale, spesso lente di ingrandimento del nulla, narrano le vicende di chi ha la possibilità di scriverle, di narrarle, di chi le urla a gran voce, mentre la gran parte resta silenziosa ed operosa, senza avere neanche il tempo di guardarsi intorno.
Premesso che l'eroe non si sente e non si dichiara tale, quindi chi narra di esserlo non è autentico, perché il viaggio dell'eroe è prevalentemente interiore; sicuramente ci siamo assuefatti a immagini dell'ambito sanitario, che non riguarda solo i reparti Covid, ma tutti gli ambiti di cura e di accoglienza, come quello dove magari opero io, la riabilitazione psichiatrica, dove ospiti più fragili hanno dovuto affrontare, spesso anche meglio di altri tale periodo…ma su questo cada pure il silenzio della normalità.
Dietro medici silenziosi, tanti bravi operatori, e dietro medici rumorosi, tanti comportamenti discutibili. La regola non c'è.
Nel mio muovermi come operatore sanitario quando gli altri erano protetti, non costretti come la più becera politica esprime, incrociavo posti di blocco e rappresentanti delle forze dell'ordine, anche loro un segno di vita, quel "tutto è in ordine siamo protetti"; non nascondo che qualche volta incrociarli è stato un motivo per chiedersi a vicenda "come state, come va".
Ma voglio evocare la presenza, nei periodi in cui tutto era chiuso, di quelle figure di frontiera, come le cassiere e le commesse dei supermercati, i corrieri delle spedizioni e operatori della quotidianità, figure che incontravamo e ne avevamo il senso di vita; potevamo salutare qualcuno, scambiare con loro due parole, erano dei supporter non barricati dietro il telelavoro, uso per questo il termine italiano per recuperarne identità, e non avevano la bardatura da marziani, erano e lo sono tutt'ora umani e presenti.
Allora come è fatto un eroe? L'eroe è sempre quello che resta, quello che il campo non lo abbandona. Proprio come loro che nella quotidianità hanno sempre mantenuto il loro posto. Per loro, però, non ho visto nessuna spinta alla gratitudine, hanno svolto il loro dovere, come per tutti sicuro, ma restano esemplari rappresentanti del semplice e dell'impegno.
Insomma voglio dire che chi ha sostenuto la quotidianità, ha anche dato il segno di esserci, del supporto, dello scambio senza il ritiro e la paura di contaminarsi, quasi degli psicologi naturali così indifesi, ma così efficaci, perché arrivavano con autenticità e semplicità, altroché il rischio burnout che un articolo infelice attribuiva agli psicologici, un vero paradosso, insomma chi deve aiutare e prevenirlo ne è portatore.
Io mi sono nutrito dei miei pazienti che con tutta la sofferenza che portano sulla pelle e nelle ossa hanno sorriso anche a questa; ho dialogato con le cassiere del supermercato che con il sorriso erano felici di esserci, eppure loro non hanno premi e incarichi di direzione, percepiscono mille euro al mese; ho incontrato le forze dell'ordine che consigliavano, e prescrivevano come un super-io paterno.
È proprio curioso rendersi sempre più conto di come siano sempre le persone semplici a salvare il mondo».