CasaPound e la filosofia di Terry De Nicolò
Gli scolaretti della logica del successo e le isteriche reazioni dei loro contestatori. Dopo la presentazione del libro “Riprendersi tutto” di Adriano Scianca
lunedì 23 aprile 2012
17.48
Fino a ieri non riuscivo a capire il successo, il seguito di CasaPound, soprattutto tra i giovanissimi. La presentazione del libro "Riprendersi tutto" di Adriano Scianca è stata un'esperienza illuminante in questo senso. Adriano Scianca è un trentenne umbro, trapiantato a Roma. Laureato in filosofia, scrive per il Secolo d'Italia, la storica testata della destra italiana. Ed è il responsabile cultura nazionale di CasaPound. Questo libro, nelle parole dell'autore non è un manifesto di CasaPound, ma una "messa a punto", la descrizione dello stato dell'arte di quella che le tartarughe frecciate definiscono, e così la definisce Scianca, la rivoluzione in atto. Scianca cerca di spiegare al pubblico e a Roberto Straniero, chiamato a moderare il dibattito, i punti salienti del proprio testo e la missione di CasaPound. Riprendersi tutto, secondo l'autore, significa comprendere che il mondo è campo di competizione. E che CasaPound e i suoi militanti sono pronti alla lotta per l'affermazione in questo terreno. Con i metodi legali, ma dove non sia possibile anche rispondendo alla violenza. Insomma CasaPound non ha nel proprio DNA la violenza, ma non rifiuta l'esercizio della stessa come elemento di difesa. Se ci impediscono di agire e conquistare terreno, è il messaggio, risponderemo colpo su colpo. Già da queste prime battute è possibile formulare un giudizio provvisorio.
CasaPound convince e guadagna terreno perché i suoi militanti (e i suoi dirigenti, evidentemente) sono ottimi scolaretti alla scuola del capitalismo predatorio. La logica del successo come valore in sé si propone in questo modo: non c'è spazio per riflessioni e mediazioni, la società corre troppo veloce; occorre sgomitare (e sgambettare) per raggiungere posizioni di visibilità; se nessuno rispetta le regole, chi lo fa è destinato a fallire; l'azione è superiore alla riflessione, poiché a parlare è la sua efficacia. Nelle reazioni isteriche della sinistra antagonista alle manifestazioni di CasaPound, anche a Barletta, c'è un grande equivoco. Si pensa a CasaPound come si pensava al MSI (o peggio a Ordine Nuovo) negli anni Sessanta e Settanta. E invece CasaPound è la declinazione politica della filosofia di Terry De Nicolò, l'escort diventata famosa per l'intervista su Berlusconi e Tarantini a L'Ultima parola: "Quando sei onesto, non fai un grande business, rimani nel piccolo … Se vuoi aumentare i numeri, devi rischiare (…) Più in alto vuoi andare, più devi passare sui cadaveri (…) La legge del più forte, del leone (…) Se sei pecora, rimani a casa e guadagni 2mila euro. Se invece vuoi 20mila euro, ti devi mettere in campo e vendere tua madre.".
Le pecore, gli sfigati sono per CasaPound tutti gli altri attori politici. Dai camerati che si rinchiudono nel ghetto fino ai tecnici del governo Monti. La storia d'Italia l'hanno fatta gli "adolescenti confusi" (come, pavoneggiandosi per un commento di Le Monde, Scianca definisce le tartarughe frecciate) non i "vecchi tromboni". Non c'è da stupirsi allora dello strano pantheon e dei contraddittori punti di riferimento ideologici del movimento. Se si rifiuta, come esplicitamente afferma Scianca, la lettura in termini di rapporti economici della Storia, tutto è ridotto al beau geste. Del fascismo si riprende l'estetica, il cameratismo, rifiutando di studiarne le radici sociali, la risposta delle classi dominanti, in un Paese politicamente arretrato e con una storia unitaria recente e complessa, rispetto all'avanzata delle classi popolari e agli strascichi del Primo conflitto mondiale. Anche del Risorgimento si fornisce una lettura schematica e dozzinale, evitando accuratamente i lati problematici (nessuna traccia del dibattito tra democratici e monarchici, nessuna lettura del rapporto col Meridione, nessuna indagine sulle masse contadine e le elite di Savoia). Al contrario di Roberto Straniero preferisco sorvolare sul tema "antisemitismo". In primo luogo perché trovo inconsistenti gli argomenti sul rapporto tra ebraismo e Risorgimento ed ebraismo e fascismo sfoderati da Scianca. Calcolare il numero di ebrei che hanno partecipato alle guerre di indipendenza, alla prima guerra mondiale o all'ascesa del fascismo è appunto un argomento, forse inconsapevolmente, razzista. In secondo luogo è offensivo, per l'intelligenza media, scivolare dal tema Shoa al tema Israele, cavandosela con formule sbrigative: "Due popoli, due Stati", "Noi siamo contro l'attore vincente: Israele", "Non siamo antisemiti, ma siamo antisionisti". Infine bisognerebbe che qualcuno spiegasse a CasaPound, ma anche a tanti altri rozzi commentatori della storia degli ebrei che l'antisemitismo era già tutto dentro la velenosa ideologia della Nazione. Così come, dopo aver cercato di cancellare i figli di Sem, in Sudafrica, a partire dalla stessa boria europea, qualcuno cercò di schiacciare (a lungo) i figli di Cam.
Sulla crisi economica CasaPound ripete, in modo più urlato e con linguaggio truculento, argomenti tanto noti quanti falsi e parziali. "La crisi l'ha generata la finanza. Come ci insegna Ezra Pound dobbiamo riflettere sul rapporto tra denaro e usura. I banchieri, i tecnici ed Equitalia sono gli agenti del capitale finanziario". Per comprendere la pochezza di queste argomentazioni, consiglio la lettura di uno tra i tanti economisti critici che da mesi cercano di spiegare la vera genesi della crisi: l'impoverimento progressivo della classe media soprattutto americana e il conseguente ricorso all'indebitamento. Ma per capire la realtà, occorrono tempo e studio. CasaPound non ha tempo. Nel fast-food della politica, ai tempi del turbocapitalismo in crisi, CasaPound è solo un peluche in regalo alle casse del Mc Donald's. Un peluche con le sembianze di un leone, ma pur sempre un peluche.
CasaPound convince e guadagna terreno perché i suoi militanti (e i suoi dirigenti, evidentemente) sono ottimi scolaretti alla scuola del capitalismo predatorio. La logica del successo come valore in sé si propone in questo modo: non c'è spazio per riflessioni e mediazioni, la società corre troppo veloce; occorre sgomitare (e sgambettare) per raggiungere posizioni di visibilità; se nessuno rispetta le regole, chi lo fa è destinato a fallire; l'azione è superiore alla riflessione, poiché a parlare è la sua efficacia. Nelle reazioni isteriche della sinistra antagonista alle manifestazioni di CasaPound, anche a Barletta, c'è un grande equivoco. Si pensa a CasaPound come si pensava al MSI (o peggio a Ordine Nuovo) negli anni Sessanta e Settanta. E invece CasaPound è la declinazione politica della filosofia di Terry De Nicolò, l'escort diventata famosa per l'intervista su Berlusconi e Tarantini a L'Ultima parola: "Quando sei onesto, non fai un grande business, rimani nel piccolo … Se vuoi aumentare i numeri, devi rischiare (…) Più in alto vuoi andare, più devi passare sui cadaveri (…) La legge del più forte, del leone (…) Se sei pecora, rimani a casa e guadagni 2mila euro. Se invece vuoi 20mila euro, ti devi mettere in campo e vendere tua madre.".
Le pecore, gli sfigati sono per CasaPound tutti gli altri attori politici. Dai camerati che si rinchiudono nel ghetto fino ai tecnici del governo Monti. La storia d'Italia l'hanno fatta gli "adolescenti confusi" (come, pavoneggiandosi per un commento di Le Monde, Scianca definisce le tartarughe frecciate) non i "vecchi tromboni". Non c'è da stupirsi allora dello strano pantheon e dei contraddittori punti di riferimento ideologici del movimento. Se si rifiuta, come esplicitamente afferma Scianca, la lettura in termini di rapporti economici della Storia, tutto è ridotto al beau geste. Del fascismo si riprende l'estetica, il cameratismo, rifiutando di studiarne le radici sociali, la risposta delle classi dominanti, in un Paese politicamente arretrato e con una storia unitaria recente e complessa, rispetto all'avanzata delle classi popolari e agli strascichi del Primo conflitto mondiale. Anche del Risorgimento si fornisce una lettura schematica e dozzinale, evitando accuratamente i lati problematici (nessuna traccia del dibattito tra democratici e monarchici, nessuna lettura del rapporto col Meridione, nessuna indagine sulle masse contadine e le elite di Savoia). Al contrario di Roberto Straniero preferisco sorvolare sul tema "antisemitismo". In primo luogo perché trovo inconsistenti gli argomenti sul rapporto tra ebraismo e Risorgimento ed ebraismo e fascismo sfoderati da Scianca. Calcolare il numero di ebrei che hanno partecipato alle guerre di indipendenza, alla prima guerra mondiale o all'ascesa del fascismo è appunto un argomento, forse inconsapevolmente, razzista. In secondo luogo è offensivo, per l'intelligenza media, scivolare dal tema Shoa al tema Israele, cavandosela con formule sbrigative: "Due popoli, due Stati", "Noi siamo contro l'attore vincente: Israele", "Non siamo antisemiti, ma siamo antisionisti". Infine bisognerebbe che qualcuno spiegasse a CasaPound, ma anche a tanti altri rozzi commentatori della storia degli ebrei che l'antisemitismo era già tutto dentro la velenosa ideologia della Nazione. Così come, dopo aver cercato di cancellare i figli di Sem, in Sudafrica, a partire dalla stessa boria europea, qualcuno cercò di schiacciare (a lungo) i figli di Cam.
Sulla crisi economica CasaPound ripete, in modo più urlato e con linguaggio truculento, argomenti tanto noti quanti falsi e parziali. "La crisi l'ha generata la finanza. Come ci insegna Ezra Pound dobbiamo riflettere sul rapporto tra denaro e usura. I banchieri, i tecnici ed Equitalia sono gli agenti del capitale finanziario". Per comprendere la pochezza di queste argomentazioni, consiglio la lettura di uno tra i tanti economisti critici che da mesi cercano di spiegare la vera genesi della crisi: l'impoverimento progressivo della classe media soprattutto americana e il conseguente ricorso all'indebitamento. Ma per capire la realtà, occorrono tempo e studio. CasaPound non ha tempo. Nel fast-food della politica, ai tempi del turbocapitalismo in crisi, CasaPound è solo un peluche in regalo alle casse del Mc Donald's. Un peluche con le sembianze di un leone, ma pur sempre un peluche.