Carne di cavallo, calano del 50% le vendite nella Bat
L'allarme di Assomacellai: «Strumentalizzazione mediatica della Brambilla». Pronta una proposta di legge contro la macellazione dei cavalli
sabato 9 marzo 2013
Nell'ultima settimana si è registrato un calo drastico delle vendite di carne di cavallo. L'allarme viene da Assomacellai delle province di Bari e Barletta-Andria-Trani. Secondo l'associazione dei macellai aderente alla Confesercenti, la recente campagna mediatica avviata dall'on. Brambilla contro il consumo di carne equina (che ha stilato una proposta di legge per riconoscere gli equini come animali da compagnia e vietarne la macellazione) ha prodotto effetti devastanti sul mercato. Le vendite sarebbero calate addirittura del 50%. Una psicosi che ha investito persino i consumatori più affezionati a questa specie di carne, nei comuni del barese da sempre culla della tradizione gastronomica a base di carni equine.
Nicola Caggiano, direttore provinciale di Assomacellai Bari, nel denunciare un «proditorio attacco alle tradizioni gastronomiche degli italiani» intende rassicurare i consumatori che «la carne equina che trovano nelle nostre macellerie è, come tutte le carni, la più analizzata dai veterinari delle Asl che presiedono ad ogni macellazione dei capi presso i mattatoi pubblici e privati. Ogni carcassa macellata per la vendita viene ispezionata e l'esame trichinologico viene fatto sul 100% dei campioni».
In Italia, la Puglia è la Regione con il più alto consumo di carni equine, soprattutto in Provincia di Bari: il 32% del consumo totale nazionale. «Il mercato delle carni equine nella Provincia di Bari - continua Caggiano - è caratterizzato, rispetto alle altre carni, da alcuni elementi sui quali generazioni di macellai hanno costruito la valorizzazione della tradizione gastronomica tipica del nostro territorio, hanno offerto un prodotto di elevata qualità dietetico-nutrizionale, hanno garantito la sicurezza alimentare. Per di più le macellerie equine baresi rappresentano ancora una tipicità nel panorama nazionale giacché, mentre altrove gli esercizi, e soprattutto la grande distribuzione organizzata, hanno scelto la vendita promiscua di tutte le specie di carni, le nostre macellerie equine sono rimaste tal quali, mantenendo e rafforzando la specificità e la specializzazione, magari anche evolvendosi in bracerie e rosticcerie. Per tali ragioni il consumo di carni equine ha consentito un certo successo di queste nostre piccole imprese».
Assomacellai-Confesercenti, dunque, fa appello ai consumatori affinché non si lascino travisare da campagne mediatiche e tornino a consumare e ad apprezzare le straordinarie qualità della carne equina. L'associazione si appella infine ai parlamentari eletti nel nostro territorio affinché facciano immediatamente quanto dovuto per salvaguardare e garantire il sistema produttivo alimentare del territorio barese, già pesantemente attaccato dalla crisi generale e, in questo momento, colpito duramente da una insulsa campagna animalista.
Nicola Caggiano, direttore provinciale di Assomacellai Bari, nel denunciare un «proditorio attacco alle tradizioni gastronomiche degli italiani» intende rassicurare i consumatori che «la carne equina che trovano nelle nostre macellerie è, come tutte le carni, la più analizzata dai veterinari delle Asl che presiedono ad ogni macellazione dei capi presso i mattatoi pubblici e privati. Ogni carcassa macellata per la vendita viene ispezionata e l'esame trichinologico viene fatto sul 100% dei campioni».
In Italia, la Puglia è la Regione con il più alto consumo di carni equine, soprattutto in Provincia di Bari: il 32% del consumo totale nazionale. «Il mercato delle carni equine nella Provincia di Bari - continua Caggiano - è caratterizzato, rispetto alle altre carni, da alcuni elementi sui quali generazioni di macellai hanno costruito la valorizzazione della tradizione gastronomica tipica del nostro territorio, hanno offerto un prodotto di elevata qualità dietetico-nutrizionale, hanno garantito la sicurezza alimentare. Per di più le macellerie equine baresi rappresentano ancora una tipicità nel panorama nazionale giacché, mentre altrove gli esercizi, e soprattutto la grande distribuzione organizzata, hanno scelto la vendita promiscua di tutte le specie di carni, le nostre macellerie equine sono rimaste tal quali, mantenendo e rafforzando la specificità e la specializzazione, magari anche evolvendosi in bracerie e rosticcerie. Per tali ragioni il consumo di carni equine ha consentito un certo successo di queste nostre piccole imprese».
Assomacellai-Confesercenti, dunque, fa appello ai consumatori affinché non si lascino travisare da campagne mediatiche e tornino a consumare e ad apprezzare le straordinarie qualità della carne equina. L'associazione si appella infine ai parlamentari eletti nel nostro territorio affinché facciano immediatamente quanto dovuto per salvaguardare e garantire il sistema produttivo alimentare del territorio barese, già pesantemente attaccato dalla crisi generale e, in questo momento, colpito duramente da una insulsa campagna animalista.
Riconoscere cavallo, asino, mulo e bardotto come animali da compagnia, vietarne la macellazione, l'importazione e l'esportazione a fini alimentari, vietare la vendita e il consumo della carne equina, vietare l'utilizzazione degli equidi in spettacoli o manifestazioni pericolose o degradanti, assicurare la tracciabilità dei cavalli attraverso interventi sull'anagrafe equina. E' il contenuto della proposta di legge che l'on. Michela Vittoria Brambilla, in rappresentanza della Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente, depositerà a sua firma all'insediamento del parlamento e che ha illustrato ieri a Milano insieme con Antonio Nardi-Dei, presidente di Italian Horse Protection, prendendo spunto dallo scandalo delle "lasagne al cavallo" che interessa numerosi Paesi europei. In attesa di una soluzione definitiva del problema, la Federazione ha intanto chiesto ai ministri della Salute e delle Politiche agricole di sospendere cautelativamente le importazioni di cavalli vivi e di carne di cavallo, quantomeno dai Paesi che non danno sufficienti garanzie per la salute dei consumatori.