Campagna vaccinale antinfluenzale 2020, la nota di OPI Bat
Gli infermieri chiedono chiarimenti sul presunto “obbligo” di vaccinazione del personale sanitario
lunedì 26 ottobre 2020
11.07
L'Ordine delle Professioni Infermieristiche della BAT, in riferimento alle note del Dipartimento Promozione della Salute (protocollo 005/prot./24/08/2020/0003363) e del Dirigente Responsabile UOSVD Sicurezza e Sorveglianza Sanitaria della Asl Bat, dott. Donato Sivo, avente come oggetto "Campagna vaccinale antinfluenzale 2020" (rif. 427 del 21/10/2020), pur riconoscendo l'importanza e la necessità delle campagne vaccinali per contribuire all'informazione e all'educazione alla salute, soprattutto in un periodo di emergenza sanitaria, riconfermando la massima collaborazione dello scrivente Ordine Professionale, in termini di attività professionale e progettuale, alle istituzioni preposte alla programmazione e assicurando agli assistiti e alla comunità scientifica la presenza attiva degli infermieri, come sempre finora dimostrato nonostante le pesanti carenze di organici, per garantire i bisogni di salute dei pazienti, esprime le seguenti considerazioni:
Infatti con sentenza n.137/2019 la Corte Costituzionale, richiamando il contenuto delle proprie sentenze n. 5/2018 e 169/2017, ha accolto il ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri avverso il testo della Legge Regionale 27/2018 dichiarando l'illegittimità dell'art.1comma 2° il quale prevede che le Direzioni Sanitarie territoriali e ospedaliere possano prescrivere per gli operatori vaccinazioni normalmente non raccomandate, invadendo un ambito inerente ai principi fondamentali concernenti il diritto alla salute e attinente alla riserva di legge statale in materia di trattamenti sanitari a sua volta connessa al principio di eguaglianza.
La Corte ha sanzionato con pronuncia di incostituzionalità il contenuto del 2° comma dell'art.1 il quale conferendo "alle Direzioni Sanitarie un potere molto ampio e indefinito, consentendo loro di rendere obbligatorie anche vaccinazioni nemmeno menzionate a livello statale, senza nemmeno operare alcun rinvio al PNPV (…)"invade un ambito riservato al legislatore statale sia in quanto inerente ai principi fondamentali concernenti il diritto alla salute, come disposto dall'art.117 terzo comma Cost., sia perché attinente alla riserva di legge statale in materia di trattamenti sanitari di cui all'art.32 Cost., riserva che, a sua volta è connessa al principio di eguaglianza previsto dall'art.3 Cost."
Il Giudice delle leggi ha precisato altresì che non vale "a delimitare tale potere la previsione che le Direzioni Sanitarie possono attivarsi solo "in particolari condizioni epidemiologiche o ambientali", giacchè in tal modo verrebbe configurato un potere di emissione di ordinanze contingibili e urgenti che nell'ordinario schema ordinamentale appartengono alla competenza di altra autorità indicata dall'art.50 comma 5 D.lvo 18/08/2000 n.267"( Testo Unico delle Leggi sull'ordinamento degli Enti Locali)ed ha altresì specificato che: "la condotta sanzionata dall'art.5 della L.R. non può che coincidere con l'accesso da parte degli operatori sanitari che non si siano attenuti alle indicazione del PNPV, ai reparti individuati con deliberazione della Giunta, mentre deve escludersi che possa essere sanzionato l'eventuale rifiuto opposto dai medesimi operatori sanitari di sottoporsi ai trattamenti vaccinali raccomandati dal PNPV per i soggetti a rischio per esposizione professionale".
L'ultima sentenza è di qualche settimana fa (TAR Lazio, 5 ottobre 2020, n. 10081), che riguarda la legittimità delle ordinanze regionali, nella specie della regione Lazio, che recano l'obbligo di vaccinazione – tra gli altri – per "b) Medici e personale sanitario, sociosanitario di assistenza, operatori di servizio di strutture di assistenza, anche se volontario".
In particolare, l'ordinanza è stata impugnata in quanto prevede che la mancata vaccinazione per le persone di cui alla lettera b) (medici e personale sanitario), non giustificabile da ragioni di tipo medico, comporta "l'inidoneità temporanea allo svolgimento della mansione lavorativa, ai sensi dell'art. 41, comma 6 del d.lgs. 81/2008, nell'ambito della sorveglianza sanitaria da parte del medico competente di cui all'art. 279 e correlata alla rivalutazione del rischio biologico a cura del datore di lavoro, ai sensi degli artt. 271 e ss. del decreto citato". Il TAR del Lazio in questa recentissima sentenza dichiara la illegittimità del provvedimento in quanto esclude che le regioni abbiano competenza in materia di vaccinazione obbligatoria.
Ciò, in continuità con altre sentenze di altri Tribunali Amministrativi Regionali, come ad esempio il TAR Calabria (n. 1462 del 15 settembre 2020), i quali affermano in maniera netta che una simile competenza sia statale. Anche la giurisprudenza costituzionale (prima tra tutte la sentenza n. 5 del 2018) sarebbe infatti orientata ad affermare che la vaccinazione obbligatoria, in quanto trattamento sanitario da imporre ai singoli cittadini, rientri nella sfera di attribuzione del potere centrale.
Sulla base di tale pronuncia di illegittimità deve concludersi che la Legge Regionale n.27/2018, nella parte superstite, consente alla Regione Puglia di individuare i reparti dove consentire l'accesso ai soli operatori vaccinati secondo le indicazioni del PNPV e di prevedere sanzioni amministrative per i trasgressori, ma giammai quella di rendere obbligatoria per i professionisti sanitari forme di vaccinazione non previste come obbligatorie dalla legge statale a pena di sanzioni amministrative e provvedimenti disciplinari.
L'imposizione di un obbligo generale di vaccinazione antinfluenzale a tutti gli operatori sanitari operanti nel territorio della Regione Puglia avendo pertanto la sua unica fonte in una norma regolamentare contraria ai principi costituzionali, deve essere doverosamente rimossa dalla normativa regionale unitamente a tutti gli atti ad essa consequenziali.
L'Ordine delle Professioni Infermieristiche della BAT chiede alle Autorità Amministrative pugliesi l'immediata revoca di tali norme che violano il contenuto degli articoli artt.3, 32, e 117 comma 2° lett. q e comma 3° della Costituzione.
- la delusione di tutta la comunità infermieristica nei confronti del dipartimento Salute della Regione Puglia per l'esclusione degli infermieri dalla campagna vaccinale antinfluenzale, che denota la scarsa conoscenza dello specifico professionale della professione infermieristica da parte dei decisori politici e dirigenti sanitari, se si considera che è universalmente noto delle competenze specifiche della professione infermieristica nella somministrazione dei vaccini che regolarmente attua negli studi dei medici di medicina generale, a domicilio dei cittadini, negli ambulatori infermieristici attivati dalla ASL, nei dipartimenti e nei centri vaccinali pubblici. Considerando il particolare momento sanitario, si potrebbero definire e attuare iniziative vaccinali che defaticano l'attività dei MMG e somministrare i vaccini, previa prescrizione medica, anche in Farmacia. Quello della partnership infermieri-farmacisti nella vaccinazione potrebbe/dovrebbe diventare, subito, un modello organizzativo regionale. Del resto questa collaborazione è già prevista sulla carta dalla "farmacia dei servizi".
- la vaccinazione degli operatori sanitari non può essere obbligatoria come invece indicato nel Regolamento della Regione Puglia n.10 del 25 giugno 2020 (B.U.R. n. 94 suppl. del 26/06/2020) e nella Legge regionale 19 giugno 2018, n. 27, ripreso nella nota del Dirigente Responsabile UOSVD Sicurezza e Sorveglianza Sanitaria della Asl Bat. Tale legge è stata dichiarata incostituzionale proprio nella parte in cui istituiva per gli operatori sanitari attivi sul territorio pugliese un obbligo generalizzato di eseguire vaccinazioni non previsto da una legge statale.
Infatti con sentenza n.137/2019 la Corte Costituzionale, richiamando il contenuto delle proprie sentenze n. 5/2018 e 169/2017, ha accolto il ricorso presentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri avverso il testo della Legge Regionale 27/2018 dichiarando l'illegittimità dell'art.1comma 2° il quale prevede che le Direzioni Sanitarie territoriali e ospedaliere possano prescrivere per gli operatori vaccinazioni normalmente non raccomandate, invadendo un ambito inerente ai principi fondamentali concernenti il diritto alla salute e attinente alla riserva di legge statale in materia di trattamenti sanitari a sua volta connessa al principio di eguaglianza.
La Corte ha sanzionato con pronuncia di incostituzionalità il contenuto del 2° comma dell'art.1 il quale conferendo "alle Direzioni Sanitarie un potere molto ampio e indefinito, consentendo loro di rendere obbligatorie anche vaccinazioni nemmeno menzionate a livello statale, senza nemmeno operare alcun rinvio al PNPV (…)"invade un ambito riservato al legislatore statale sia in quanto inerente ai principi fondamentali concernenti il diritto alla salute, come disposto dall'art.117 terzo comma Cost., sia perché attinente alla riserva di legge statale in materia di trattamenti sanitari di cui all'art.32 Cost., riserva che, a sua volta è connessa al principio di eguaglianza previsto dall'art.3 Cost."
Il Giudice delle leggi ha precisato altresì che non vale "a delimitare tale potere la previsione che le Direzioni Sanitarie possono attivarsi solo "in particolari condizioni epidemiologiche o ambientali", giacchè in tal modo verrebbe configurato un potere di emissione di ordinanze contingibili e urgenti che nell'ordinario schema ordinamentale appartengono alla competenza di altra autorità indicata dall'art.50 comma 5 D.lvo 18/08/2000 n.267"( Testo Unico delle Leggi sull'ordinamento degli Enti Locali)ed ha altresì specificato che: "la condotta sanzionata dall'art.5 della L.R. non può che coincidere con l'accesso da parte degli operatori sanitari che non si siano attenuti alle indicazione del PNPV, ai reparti individuati con deliberazione della Giunta, mentre deve escludersi che possa essere sanzionato l'eventuale rifiuto opposto dai medesimi operatori sanitari di sottoporsi ai trattamenti vaccinali raccomandati dal PNPV per i soggetti a rischio per esposizione professionale".
L'ultima sentenza è di qualche settimana fa (TAR Lazio, 5 ottobre 2020, n. 10081), che riguarda la legittimità delle ordinanze regionali, nella specie della regione Lazio, che recano l'obbligo di vaccinazione – tra gli altri – per "b) Medici e personale sanitario, sociosanitario di assistenza, operatori di servizio di strutture di assistenza, anche se volontario".
In particolare, l'ordinanza è stata impugnata in quanto prevede che la mancata vaccinazione per le persone di cui alla lettera b) (medici e personale sanitario), non giustificabile da ragioni di tipo medico, comporta "l'inidoneità temporanea allo svolgimento della mansione lavorativa, ai sensi dell'art. 41, comma 6 del d.lgs. 81/2008, nell'ambito della sorveglianza sanitaria da parte del medico competente di cui all'art. 279 e correlata alla rivalutazione del rischio biologico a cura del datore di lavoro, ai sensi degli artt. 271 e ss. del decreto citato". Il TAR del Lazio in questa recentissima sentenza dichiara la illegittimità del provvedimento in quanto esclude che le regioni abbiano competenza in materia di vaccinazione obbligatoria.
Ciò, in continuità con altre sentenze di altri Tribunali Amministrativi Regionali, come ad esempio il TAR Calabria (n. 1462 del 15 settembre 2020), i quali affermano in maniera netta che una simile competenza sia statale. Anche la giurisprudenza costituzionale (prima tra tutte la sentenza n. 5 del 2018) sarebbe infatti orientata ad affermare che la vaccinazione obbligatoria, in quanto trattamento sanitario da imporre ai singoli cittadini, rientri nella sfera di attribuzione del potere centrale.
Sulla base di tale pronuncia di illegittimità deve concludersi che la Legge Regionale n.27/2018, nella parte superstite, consente alla Regione Puglia di individuare i reparti dove consentire l'accesso ai soli operatori vaccinati secondo le indicazioni del PNPV e di prevedere sanzioni amministrative per i trasgressori, ma giammai quella di rendere obbligatoria per i professionisti sanitari forme di vaccinazione non previste come obbligatorie dalla legge statale a pena di sanzioni amministrative e provvedimenti disciplinari.
L'imposizione di un obbligo generale di vaccinazione antinfluenzale a tutti gli operatori sanitari operanti nel territorio della Regione Puglia avendo pertanto la sua unica fonte in una norma regolamentare contraria ai principi costituzionali, deve essere doverosamente rimossa dalla normativa regionale unitamente a tutti gli atti ad essa consequenziali.
L'Ordine delle Professioni Infermieristiche della BAT chiede alle Autorità Amministrative pugliesi l'immediata revoca di tali norme che violano il contenuto degli articoli artt.3, 32, e 117 comma 2° lett. q e comma 3° della Costituzione.