Brexit, quali sono i rischi per le imprese pugliesi?
L'export dalla Bat vale 22,8 milioni di euro nel mercato britannico
domenica 26 giugno 2016
Ben 204,9 milioni di euro. Ecco quanto vale il made in Puglia nel mercato britannico. È quanto emerge da un'elaborazione del Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia. In particolare, le aziende della provincia di Bari esportano beni per un valore di 146,6 milioni di euro, pari al 71,5 per cento del totale dell'export pugliese. Seguono le province di Foggia con 23,8 milioni, pari all'11,6 per cento del dato complessivo; Barletta-Andria-Trani con 22,8 milioni (11,1 per cento); Lecce con 6 milioni (2,9 per cento); Brindisi con 3,8 milioni (1,9 per cento). Chiude Taranto, già parecchio ridimensionata a causa dell'involuzione dell'Ilva, con 1,9 milioni (0,9 per cento).
«L'elaborazione del nostro centro studi regionale – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – ci dà l'idea di quanto il Regno Unito rappresenti un partner commerciale importante per le nostre imprese. Purtroppo le conseguenze dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea sono tutte da valutare. Non mi riferisco unicamente alle ripercussioni sui mercati finanziari, ma anche a quelle sull'economia reale, visto l'indebolimento di quell'area di libero scambio che ha rappresentato il vero punto di partenza dell'Europa per come la conosciamo oggi. Il rischio – spiega Sgherza – è quello di tornare indietro di decenni, passando da una situazione di libera circolazione di merci e lavoratori ad una frattura profonda, fatta di chiusura dei mercati e ripristino di dazi e tariffe, sia da una parte che dall'altra
Sono fiducioso – continua il presidente – che l'Europa sarà in grado di trovare le modalità necessarie a gestire e minimizzare le ricadute di quanto si è verificato. Tuttavia, per evitare un catastrofico "effetto domino", è fondamentale indagare i motivi che hanno condotto uno Stato membro così importante a considerare la strada dell'abbandono dell'Unione. Al di là delle questioni più spiccatamente politiche, come la gestione dell'immigrazione, il controllo dei confini e la tutela della sicurezza, non è certo un segreto che anche i cittadini e le imprese italiani a volte vedano l'Europa come una fonte di problemi ed oppressione burocratica, piuttosto che come un'occasione di sicurezza sociale e sviluppo economico.
La percezione, a volte drammaticamente veritiera, è che nell'attuale strutturazione la UE sia macchinosa, poco trasparente e poco efficiente, incapace di rappresentare un supporto per le imprese, specie quelle piccole e medie, e per i cittadini. Non dobbiamo commettere l'errore di pensare in questi termini. L'Europa non è solo questo. Non possiamo guardare unicamente alle storture della direttiva Bolkenstein, alle quote latte, all'olio tunisino o ai ritardi nell'emanazione della normativa a tutela del Made in Italy. Senza l'UE sarebbe ben maggiore il numero di imprenditori falcidiati dalla crisi, così come sarebbe ben minore il numero di investimenti che le imprese, anche quelle pugliesi, sono riuscite ad effettuare negli ultimi anni solo grazie allo stanziamento dei Fondi comunitari. Ciò senza contare i benefici, a cui forse siamo abituati, ma che non sono affatto scontati, derivanti dalla libera circolazione delle merci e delle persone. Grazie all'Unione abbiamo acquisito possibilità e diritti a cui sarebbe impensabile rinunciare.
Pertanto – conclude Sgherza – l'auspicio è che il referendum britannico, pur nella sua traumaticità, possa rappresentare un punto di partenza per rilanciare in maniera decisa la collaborazione dei Paesi che fanno parte della Comunità, con l'obiettivo di rinvigorirne il cammino, nella direzione del progresso economico-sociale e della realizzazione di un'Europa veramente unita e solidale».
«L'elaborazione del nostro centro studi regionale – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – ci dà l'idea di quanto il Regno Unito rappresenti un partner commerciale importante per le nostre imprese. Purtroppo le conseguenze dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea sono tutte da valutare. Non mi riferisco unicamente alle ripercussioni sui mercati finanziari, ma anche a quelle sull'economia reale, visto l'indebolimento di quell'area di libero scambio che ha rappresentato il vero punto di partenza dell'Europa per come la conosciamo oggi. Il rischio – spiega Sgherza – è quello di tornare indietro di decenni, passando da una situazione di libera circolazione di merci e lavoratori ad una frattura profonda, fatta di chiusura dei mercati e ripristino di dazi e tariffe, sia da una parte che dall'altra
Sono fiducioso – continua il presidente – che l'Europa sarà in grado di trovare le modalità necessarie a gestire e minimizzare le ricadute di quanto si è verificato. Tuttavia, per evitare un catastrofico "effetto domino", è fondamentale indagare i motivi che hanno condotto uno Stato membro così importante a considerare la strada dell'abbandono dell'Unione. Al di là delle questioni più spiccatamente politiche, come la gestione dell'immigrazione, il controllo dei confini e la tutela della sicurezza, non è certo un segreto che anche i cittadini e le imprese italiani a volte vedano l'Europa come una fonte di problemi ed oppressione burocratica, piuttosto che come un'occasione di sicurezza sociale e sviluppo economico.
La percezione, a volte drammaticamente veritiera, è che nell'attuale strutturazione la UE sia macchinosa, poco trasparente e poco efficiente, incapace di rappresentare un supporto per le imprese, specie quelle piccole e medie, e per i cittadini. Non dobbiamo commettere l'errore di pensare in questi termini. L'Europa non è solo questo. Non possiamo guardare unicamente alle storture della direttiva Bolkenstein, alle quote latte, all'olio tunisino o ai ritardi nell'emanazione della normativa a tutela del Made in Italy. Senza l'UE sarebbe ben maggiore il numero di imprenditori falcidiati dalla crisi, così come sarebbe ben minore il numero di investimenti che le imprese, anche quelle pugliesi, sono riuscite ad effettuare negli ultimi anni solo grazie allo stanziamento dei Fondi comunitari. Ciò senza contare i benefici, a cui forse siamo abituati, ma che non sono affatto scontati, derivanti dalla libera circolazione delle merci e delle persone. Grazie all'Unione abbiamo acquisito possibilità e diritti a cui sarebbe impensabile rinunciare.
Pertanto – conclude Sgherza – l'auspicio è che il referendum britannico, pur nella sua traumaticità, possa rappresentare un punto di partenza per rilanciare in maniera decisa la collaborazione dei Paesi che fanno parte della Comunità, con l'obiettivo di rinvigorirne il cammino, nella direzione del progresso economico-sociale e della realizzazione di un'Europa veramente unita e solidale».