Bookcrossing, la Cultura è di strada
Emma Cafiero del Collettivo Lab_Aut propone una sfida culturale. «Questa la risposta a tanti nostri coetanei stanchi»
sabato 6 ottobre 2012
«Stiamo vivendo una forte crisi della cultura e fameliche necessità di giustizia sociale».
«Questo è il messaggio che come Collettivo Lab_Aut vogliamo lanciare nella nostra città con questo progetto di installare negli spazi pubblici postazioni dove poter usufruire di libri(bookcrossing)». Combattiva Emma Cafiero del collettivo Lab_Aut che propone: «La riappropriazione degli spazi e la loro liberazione, attraverso percorsi di autorganizzazione dei saperi, rappresenta un punto centrale su cui costruire nuove pratiche. In una città come la nostra soffocata dal malaffare e da una classe politica sempre più autoreferenziale,noi proponiamo una nuova sfida attraverso la condivisione e lo scambio di libri,non più relegata all'interno dei circuiti ufficiali(biblioteche,scuole,università), ma per strada,nelle piazze,ovunque sorga il desiderio di riprenderci tutto ciò che ci viene negato. Per molti abituati ad una alienazione culturale ed a una ossessiva competitività, chi rivendica spazio- cultura come bene comune è solo un visionario "romantico". La partecipazione, l'attività politica svincolata dalle logiche dei partiti e dal basso che promuove un cambiamento sociale ed etico resta spesso nell'immaginario di molti: energie sprecate alla propria realizzazione individuale. La società di massa, ci piaccia o no, fa parte del nostro mondo per cui la sua cultura (popolare) non è lasciata esclusivamente al "volgo", ne siamo tutti partecipi. Dove è il paradosso? La società di massa liberata dal fardello e dalla fatica fisica, oggi dovrebbe vivere il tempo in modo diverso e dovrebbe avere più tempo da dedicare alla cultura, ma non è così. Forse nella società di massa, l'unico individuo rimasto è l'artista, inteso come creatore, generatore di oggetti e idee quel gruppo o individuo emarginato come la migliore tradizione vuole».
«L'idea comune è che solo ciò che sopravvive nei secoli si può considerare artistico, allora cosa è stato più duraturo nei secoli, se non questo forte desiderio di cambiamento e miglioramento e ricerca della felicità, nell'uomo? L'ostinazione al cambiamento, il sentimento che ha generato le rivoluzioni. Si può incorrere in un rischio, sentirsi legati a logiche vecchie di pensiero e rifugiarsi in esse. Shakespeare o Platone o piuttosto che Marx o Bakunin possano indurre alla fuga nell'oblio con lo scopo di estromettersi dalla vita reale. La società di massa non chiede cultura ,chiede intrattenimento, divertimento. I prodotti che servono alla società di massa per produrre divertimento sono meno importanti del pane e della carne eppure se ne ha una necessità impellente per "ammazzare il tempo". Così ammazzando il tempo, si ammazza cultura, si ammazza volontà e propensione alla bellezza, così musica, letteratura, teatro e idee slegate dalla logica artistica massificante e massificata per restare quelle espressioni che capiremo domani ma che purtroppo, avranno già perso la loro forza in potenza. L'idea non è quella di disprezzare il divertimento poiché non produce valore o di essere invece degli snob della cultura, la cultura di massa si impadronisce degli oggetti culturali della nostra vita, dei beni comuni e ci omologa in tutti i sensi anche intellettualmente. Le arti tutte dovrebbero essere necessarie quasi quanto le cattedrali gotiche; si costruivano meravigliosi edifici per soddisfare un bisogno religioso, un desiderio intimo. Bisogna avere fame, fame di cambiamento, fame di giustizia, non basta stare a guardare, si è responsabili della vita degli altri appena veniamo al mondo, non scegliere è subire la vita e quindi inevitabilmente scegliere».
«Questa la risposta a tanti nostri coetanei, stanchi, che preferiscono pensare che il cambiamento non avverrà mai, che il sistema non ci permetterà mai di vincere la lotta per un mondo diverso.Noi lo facciamo riprendendoci le strade e le piazze delle nostre città,noi lo facciamo ridisegnando le mappe dei luoghi dove diffondere cultura. Siamo quella parte di umanità che non vuole assistere al cambiamento, non è più possibile essere spettatori dobbiamo soddisfare questa fame di bellezza e non morire da vivi. "I tiranni ci sembrano grandi perché noi li vediamo stando in ginocchio… alziamoci dunque!"».
«Questo è il messaggio che come Collettivo Lab_Aut vogliamo lanciare nella nostra città con questo progetto di installare negli spazi pubblici postazioni dove poter usufruire di libri(bookcrossing)». Combattiva Emma Cafiero del collettivo Lab_Aut che propone: «La riappropriazione degli spazi e la loro liberazione, attraverso percorsi di autorganizzazione dei saperi, rappresenta un punto centrale su cui costruire nuove pratiche. In una città come la nostra soffocata dal malaffare e da una classe politica sempre più autoreferenziale,noi proponiamo una nuova sfida attraverso la condivisione e lo scambio di libri,non più relegata all'interno dei circuiti ufficiali(biblioteche,scuole,università), ma per strada,nelle piazze,ovunque sorga il desiderio di riprenderci tutto ciò che ci viene negato. Per molti abituati ad una alienazione culturale ed a una ossessiva competitività, chi rivendica spazio- cultura come bene comune è solo un visionario "romantico". La partecipazione, l'attività politica svincolata dalle logiche dei partiti e dal basso che promuove un cambiamento sociale ed etico resta spesso nell'immaginario di molti: energie sprecate alla propria realizzazione individuale. La società di massa, ci piaccia o no, fa parte del nostro mondo per cui la sua cultura (popolare) non è lasciata esclusivamente al "volgo", ne siamo tutti partecipi. Dove è il paradosso? La società di massa liberata dal fardello e dalla fatica fisica, oggi dovrebbe vivere il tempo in modo diverso e dovrebbe avere più tempo da dedicare alla cultura, ma non è così. Forse nella società di massa, l'unico individuo rimasto è l'artista, inteso come creatore, generatore di oggetti e idee quel gruppo o individuo emarginato come la migliore tradizione vuole».
«L'idea comune è che solo ciò che sopravvive nei secoli si può considerare artistico, allora cosa è stato più duraturo nei secoli, se non questo forte desiderio di cambiamento e miglioramento e ricerca della felicità, nell'uomo? L'ostinazione al cambiamento, il sentimento che ha generato le rivoluzioni. Si può incorrere in un rischio, sentirsi legati a logiche vecchie di pensiero e rifugiarsi in esse. Shakespeare o Platone o piuttosto che Marx o Bakunin possano indurre alla fuga nell'oblio con lo scopo di estromettersi dalla vita reale. La società di massa non chiede cultura ,chiede intrattenimento, divertimento. I prodotti che servono alla società di massa per produrre divertimento sono meno importanti del pane e della carne eppure se ne ha una necessità impellente per "ammazzare il tempo". Così ammazzando il tempo, si ammazza cultura, si ammazza volontà e propensione alla bellezza, così musica, letteratura, teatro e idee slegate dalla logica artistica massificante e massificata per restare quelle espressioni che capiremo domani ma che purtroppo, avranno già perso la loro forza in potenza. L'idea non è quella di disprezzare il divertimento poiché non produce valore o di essere invece degli snob della cultura, la cultura di massa si impadronisce degli oggetti culturali della nostra vita, dei beni comuni e ci omologa in tutti i sensi anche intellettualmente. Le arti tutte dovrebbero essere necessarie quasi quanto le cattedrali gotiche; si costruivano meravigliosi edifici per soddisfare un bisogno religioso, un desiderio intimo. Bisogna avere fame, fame di cambiamento, fame di giustizia, non basta stare a guardare, si è responsabili della vita degli altri appena veniamo al mondo, non scegliere è subire la vita e quindi inevitabilmente scegliere».
«Questa la risposta a tanti nostri coetanei, stanchi, che preferiscono pensare che il cambiamento non avverrà mai, che il sistema non ci permetterà mai di vincere la lotta per un mondo diverso.Noi lo facciamo riprendendoci le strade e le piazze delle nostre città,noi lo facciamo ridisegnando le mappe dei luoghi dove diffondere cultura. Siamo quella parte di umanità che non vuole assistere al cambiamento, non è più possibile essere spettatori dobbiamo soddisfare questa fame di bellezza e non morire da vivi. "I tiranni ci sembrano grandi perché noi li vediamo stando in ginocchio… alziamoci dunque!"».