Barletta, Federico II Marathon nel cuore di una redattrice
Fotografi per un giorno, giornalisti come sempre
mercoledì 10 marzo 2010
11.00
Attenzione lettori: quello che seguirà non è il nostro classico articolo di cronaca. L'argomento ormai lo conoscerete alla perfezione, la Federico II Marathon, il grande evento podistico della sesta provincia che, battendo nuovi record, ha percorso un tragitto di oltre 42 km tra storia, arte e cultura. Dalle atmosfere medievali di Castel del Monte alle vie cittadine di Andria, per chiudersi in piazza Duomo a Trani dove gli atleti hanno trionfalmente raggiunto il traguardo in uno scenario fra i più belli d'Italia. Ma ciò che ci interessa è soprattutto la tappa intermedia, quella che per poco più di un'ora ha coinvolto le strade e i vicoli storici di Barletta.
Il tempo. Domenica mattina, ore 11:00 (minuto più, minuto meno), cielo nuvoloso, clima mite.
Il luogo. Piazza Caduti angolo corso Garibaldi.
Per questa volta ho abbandonato il mio inseparabile taccuino da seria giornalista per inforcare la reflex con tanto di obiettivo grandangolare e cimentarmi nel giornalismo fotografico, lavorando per immagini piuttosto che per parole. All'arrivo dei primissimi atleti, in netto vantaggio rispetto agli inseguitori, la folla di curiosi addensata a bordo strada si lancia in tifo e incitamenti, al passaggio dei barlettani vanno poi in visibilio. Ci spostiamo lungo corso Garibaldi, in attesa dei gruppi più densi, ancora tanta gente e i primi stand degli sponsor tecnici della maratona: le prontissime ragazze porgevano bevande e spugnette colorate, mentre i podisti spossati ma ancora pieni di riserve controllavano con rigore i cronometri al polso. A separarli dal traguardo solo una manciata di chilometri. In Via Duomo si potevano già sentire gli aromi dell'immancabile ragù domenicale, ma nemmeno allora i corridori hanno mostrato debolezza: noi li stiamo aspettando davanti alla cattedrale, la maestosa cattedrale che con la sua pietra bianca ci regala degli scatti perfetti. I variopinti colori delle casacche indossate dagli atleti hanno fatto il resto. Il percorso fiancheggiava poi i giardini del castello, a breve distanza dalla sala rossa battezzata per un giorno ritrovo ufficiale dei partecipanti e centro direttivo dell'evento. Gli ultimi atleti a questo punto si dirigono versoTrani, lasciandosi alle spalle la città della Disfida, ma diretti al loro obiettivo finale in piazza Duomo, dove finalmente riceveranno il premio per la loro fatica.
Osservare tutto questo dallo sguardo privilegiato della fotocamera è un'emozione diversa: con un scatto diventi capace di cristallizzare il momento e imprimerlo per sempre nella memoria. La vista è fugace e superficiale, ma l'occhio sensibile dell'obiettivo ricorda tutto, soprattutto nella corsa veloce del maratoneta, nei muscoli contratti e nella goccia di sudore che riga il viso. La Federico II Marathon non è stato solo un evento sportivo, ma l'esaltazione dei colori locali, dei centri storici attraversati dalla carovana in fuga per la vittoria, della luce e dei riflessi della nostra terra. Con l'obiettivo puntato su di loro ci siamo resi parte della corsa degli atleti, perché le parole – senza dubbio – sono capaci di raccontare, ma solo le immagini possono catapultarti nel vivo fotogramma di quell'istante immortalato per sempre.
Il tempo. Domenica mattina, ore 11:00 (minuto più, minuto meno), cielo nuvoloso, clima mite.
Il luogo. Piazza Caduti angolo corso Garibaldi.
Per questa volta ho abbandonato il mio inseparabile taccuino da seria giornalista per inforcare la reflex con tanto di obiettivo grandangolare e cimentarmi nel giornalismo fotografico, lavorando per immagini piuttosto che per parole. All'arrivo dei primissimi atleti, in netto vantaggio rispetto agli inseguitori, la folla di curiosi addensata a bordo strada si lancia in tifo e incitamenti, al passaggio dei barlettani vanno poi in visibilio. Ci spostiamo lungo corso Garibaldi, in attesa dei gruppi più densi, ancora tanta gente e i primi stand degli sponsor tecnici della maratona: le prontissime ragazze porgevano bevande e spugnette colorate, mentre i podisti spossati ma ancora pieni di riserve controllavano con rigore i cronometri al polso. A separarli dal traguardo solo una manciata di chilometri. In Via Duomo si potevano già sentire gli aromi dell'immancabile ragù domenicale, ma nemmeno allora i corridori hanno mostrato debolezza: noi li stiamo aspettando davanti alla cattedrale, la maestosa cattedrale che con la sua pietra bianca ci regala degli scatti perfetti. I variopinti colori delle casacche indossate dagli atleti hanno fatto il resto. Il percorso fiancheggiava poi i giardini del castello, a breve distanza dalla sala rossa battezzata per un giorno ritrovo ufficiale dei partecipanti e centro direttivo dell'evento. Gli ultimi atleti a questo punto si dirigono versoTrani, lasciandosi alle spalle la città della Disfida, ma diretti al loro obiettivo finale in piazza Duomo, dove finalmente riceveranno il premio per la loro fatica.
Osservare tutto questo dallo sguardo privilegiato della fotocamera è un'emozione diversa: con un scatto diventi capace di cristallizzare il momento e imprimerlo per sempre nella memoria. La vista è fugace e superficiale, ma l'occhio sensibile dell'obiettivo ricorda tutto, soprattutto nella corsa veloce del maratoneta, nei muscoli contratti e nella goccia di sudore che riga il viso. La Federico II Marathon non è stato solo un evento sportivo, ma l'esaltazione dei colori locali, dei centri storici attraversati dalla carovana in fuga per la vittoria, della luce e dei riflessi della nostra terra. Con l'obiettivo puntato su di loro ci siamo resi parte della corsa degli atleti, perché le parole – senza dubbio – sono capaci di raccontare, ma solo le immagini possono catapultarti nel vivo fotogramma di quell'istante immortalato per sempre.
Brava Ida, brava. Mi perdonerai se irrompo nel tuo pur godibilissimo scritto solo e soltanto per puntalizzare qualcosa. Non un concetto, non una sintassi, non un suggerimento o una notazione bensì un profumo o un odore se preferisci. Racconti con efficacia di domenicali ragù, di bevande colorate ed energetiche, di gruppi di spettatori attenti e non, facendo cogliere a chi come me, insegue spesso questi momenti di gioiosa tensione, reflex in pugno e gambe in spalla ma sopratutto con l'olfatto pronto a cogliere l'odore della città.
Un fotografo sa bene che può congelare un fotogramma, un frammento di realtà, per consegnarlo all'infinito in quella statica forma solo per il gusto di sapere cosa l'infinito potrebbe dire in cambio, ma sa altrettanto bene che mentre il suo occhio si perde tra pentaprismi e obiettivi, inseguendo la fotografia perfetta tra esposizioni e tempi, gli altri sensi sanno raccontarti ricordi. Quei profumi che tu hai inteso in questa domenica e, ripensandoci, hai deciso di declinare in forma scritta forse sentendoli ancora. Il profumo di una città come Barletta, generosa di emozioni in una domenica tra maratoneti e fotografi. Brava dunque Ida, cimentarsi con la fotografia può essere da tutti, raccontare l'emozione che questa può dare è da pochi.
Con ricordi non sopiti, so di esser stato anche io tra quei fotografi.
Mario Sculco
Un fotografo sa bene che può congelare un fotogramma, un frammento di realtà, per consegnarlo all'infinito in quella statica forma solo per il gusto di sapere cosa l'infinito potrebbe dire in cambio, ma sa altrettanto bene che mentre il suo occhio si perde tra pentaprismi e obiettivi, inseguendo la fotografia perfetta tra esposizioni e tempi, gli altri sensi sanno raccontarti ricordi. Quei profumi che tu hai inteso in questa domenica e, ripensandoci, hai deciso di declinare in forma scritta forse sentendoli ancora. Il profumo di una città come Barletta, generosa di emozioni in una domenica tra maratoneti e fotografi. Brava dunque Ida, cimentarsi con la fotografia può essere da tutti, raccontare l'emozione che questa può dare è da pochi.
Con ricordi non sopiti, so di esser stato anche io tra quei fotografi.
Mario Sculco