Barletta e il voto, diritto dimenticato e usato senza cognizione di causa
Cosa significa la preferenza di voto?
giovedì 1 aprile 2010
Il voto politico è un importante diritto per cui l'umanità ha lottato al prezzo di lunghi e duri sacrifici e che, tuttavia, sempre più spesso oggi vede crescere la rinuncia ad esso.
La scelta finale dell'elettore, anche quella di non votare, rappresenta il prodotto di un processo decisionale in cui si intrecciano numerosi fattori che influenzano la preferenza o l'astinenza finale e che sono stati studiati dalle scienze del comportamento al fine di conoscere meglio le strategie psicologiche che guidano gli elettori e gli elementi che possono influenzare il loro comportamento di voto. Alla fine infatti della campagna elettorale, infatti, si è potuto osservare come sia stato alto l'astensionismo dei barlettani. Si sa, la preferenza espressa attraverso il voto rappresenta principalmente una dichiarazione di fiducia e di condivisione che, a quanto pare, oggi sembra sempre più lontana dalle modalità di scelta che guidavano il voto in tempi passati, quando l'influenza mediatica era meno incisiva.
L'attuale comportamento di voto, infatti, appare come un processo di scelta sempre più "personalizzata", cioè mosso dalle caratteristiche individuali dei candidati, aspetti che giocano un ruolo più importante di quelli che in passato avevano un peso maggiore ( le ideologie, le tradizioni, i valori e gli interessi delle classi sociali, delle famiglie e dei singoli elettori). I comportamenti più ponderati e razionali che costituivano l'espressione delle preferenze in passato, oggi appaiono sostituite da scorciatoie di pensiero più approssimative, un atteggiamento che può essere considerato una risposta naturale al crescente, e talvolta confuso, numero di informazioni, spesso contrastanti, trasmesse dai mass media quotidianamente, quasi come un vero e proprio bombardamento psicologico. Così, nella psicologia politica, il pensiero logico lascia il posto a forme decisionali brevi e imprecise, definite "euristiche", ossia strategie cognitive brevi che vengono messe in atto quando si ha la consapevolezza che mancano importanti dati certi sulla realtà per fare delle valutazioni precise.
Pertanto, sembra comprensibile che, per far fronte alla difficoltà crescente nel comprendere i programmi politici e alle incertezze rispetto alle promesse sfiduciate dai partiti opposti o dimostratesi inattendibili, vengano messi in atto comportamenti più intuitivi, guidati più spesso da impressioni emotive (come simpatia e fiducia) o, ancor peggio, dal desiderio di allontanare personaggi che suscitano antipatia o incertezze sul futuro e timori.
Anche in questo settore della vita cresce l'importanza di "ciò che appare", in una politica che si adatta camaleonticamente a produrre "personaggi", piuttosto che puntare sulle ideologie, sulla necessità di dimostrare competenze, sulle reali capacità dimostrate in un passato e in una storia che viene invece costantemente rimessa in discussione e ricostruita attraverso le narrazioni di leaders sempre più carismatici e seducenti. La mancanza di leaders così fatti fa perdere la fiducia degli elettori che al posto di scegliere il "male minore" preferisce astenersi, senza pensare che il voto è lo strumento più adatto per cercare di cambiare la cattiva politica della compravendita dei voti o della politica di facciata.
La scelta finale dell'elettore, anche quella di non votare, rappresenta il prodotto di un processo decisionale in cui si intrecciano numerosi fattori che influenzano la preferenza o l'astinenza finale e che sono stati studiati dalle scienze del comportamento al fine di conoscere meglio le strategie psicologiche che guidano gli elettori e gli elementi che possono influenzare il loro comportamento di voto. Alla fine infatti della campagna elettorale, infatti, si è potuto osservare come sia stato alto l'astensionismo dei barlettani. Si sa, la preferenza espressa attraverso il voto rappresenta principalmente una dichiarazione di fiducia e di condivisione che, a quanto pare, oggi sembra sempre più lontana dalle modalità di scelta che guidavano il voto in tempi passati, quando l'influenza mediatica era meno incisiva.
L'attuale comportamento di voto, infatti, appare come un processo di scelta sempre più "personalizzata", cioè mosso dalle caratteristiche individuali dei candidati, aspetti che giocano un ruolo più importante di quelli che in passato avevano un peso maggiore ( le ideologie, le tradizioni, i valori e gli interessi delle classi sociali, delle famiglie e dei singoli elettori). I comportamenti più ponderati e razionali che costituivano l'espressione delle preferenze in passato, oggi appaiono sostituite da scorciatoie di pensiero più approssimative, un atteggiamento che può essere considerato una risposta naturale al crescente, e talvolta confuso, numero di informazioni, spesso contrastanti, trasmesse dai mass media quotidianamente, quasi come un vero e proprio bombardamento psicologico. Così, nella psicologia politica, il pensiero logico lascia il posto a forme decisionali brevi e imprecise, definite "euristiche", ossia strategie cognitive brevi che vengono messe in atto quando si ha la consapevolezza che mancano importanti dati certi sulla realtà per fare delle valutazioni precise.
Pertanto, sembra comprensibile che, per far fronte alla difficoltà crescente nel comprendere i programmi politici e alle incertezze rispetto alle promesse sfiduciate dai partiti opposti o dimostratesi inattendibili, vengano messi in atto comportamenti più intuitivi, guidati più spesso da impressioni emotive (come simpatia e fiducia) o, ancor peggio, dal desiderio di allontanare personaggi che suscitano antipatia o incertezze sul futuro e timori.
Anche in questo settore della vita cresce l'importanza di "ciò che appare", in una politica che si adatta camaleonticamente a produrre "personaggi", piuttosto che puntare sulle ideologie, sulla necessità di dimostrare competenze, sulle reali capacità dimostrate in un passato e in una storia che viene invece costantemente rimessa in discussione e ricostruita attraverso le narrazioni di leaders sempre più carismatici e seducenti. La mancanza di leaders così fatti fa perdere la fiducia degli elettori che al posto di scegliere il "male minore" preferisce astenersi, senza pensare che il voto è lo strumento più adatto per cercare di cambiare la cattiva politica della compravendita dei voti o della politica di facciata.