Autonomia differenziata, Damiani: «Nella Costituzione già dal 2001, cittadini meritano chiarezza»
Il senatore risponde alle dichiarazioni del Movimento 5 Stelle di Barletta
venerdì 21 giugno 2024
11.03
"Chiamato direttamente in causa dal gruppo territoriale del Movimento 5 Stelle di Barletta, per chiarezza nei confronti dei cittadini, che non meritano di subire manipolazioni né strumentalizzazioni, sento il dovere di intervenire a proposito della legge sulla cosiddetta autonomia differenziata approvata ieri dal Parlamento". Il senatore di Forza Italia Dario Damiani interviene per chiarire alcuni aspetti della legge approvata nelle scorse ore dopo aspro dibattito tra maggioranza e opposizione.
"In primis una notizia, che forse stupirà un po' tutti, compresi i sedicenti referenti di qualsivoglia movimento politico che nelle ultime settimane si stanno stracciando le vesti rispetto a questa riforma "eversiva", spesso senza aver mai letto né il testo della nuova legge né quello della Costituzione: l'autonomia differenziata esiste nella nostra Costituzione dal 2001, anno in cui fu approvata la riforma del titolo V della carta costituzionale, voluta dal centrosinistra al governo con Amato e confermata dai cittadini con referendum costituzionale. L'art. 116 co. 3, infatti, recita: "Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 119", che impegna lo Stato a rimuovere le disuguaglianze territoriali con interventi perequativi.
Ciò che fino a ieri non esisteva, invece, e che di fatto rendeva inattuata una riforma che, ripeto, risale a 23 anni fa, era un quadro di regole uguali, di principi generali validi per tutte le Regioni, sulla base dei quali avanzare le proprie richieste di maggiore autonomia, nonché le procedure per le eventuali intese Stato-Regioni, di durata non superiore a 10 anni; inoltre, la nuova legge chiarisce che la maggiore autonomia potrà essere concessa solo dopo aver determinato i "livelli essenziali delle prestazioni", i cosiddetti Lep, cioè tutti i diritti sociali e civili che vanno garantiti sul territorio nazionale, senza distinzioni. Per non parlare poi delle forme di controllo e di monitoraggio previste, anche da parte della Corte dei Conti.
Il governo Meloni e l'attuale maggioranza, quindi, non soltanto non hanno approvato alcuna legge contraria alla Costituzione o all'unità nazionale, ma anzi hanno dato finalmente puntuale attuazione a una norma costituzionale voluta più di 20 anni fa dal centrosinistra. Che invece, in queste settimane, urla a più non posso di fatto contro l'attuazione di una riforma, appunto l'autonomia differenziata, da loro voluta nel 2001. E qui mi fermo, perché capirete che la questione esula dalla politica e diventa materia di analisi psichiatrica… Tanto dovevo per correttezza nei confronti dei cittadini, degli elettori, del territorio che mi onoro di rappresentare in Parlamento e al quale ho dimostrato in questi anni e continuerò a farlo, con fatti e risultati concreti, di prodigarmi sempre per il bene comune, lo sviluppo e la crescita", conclude il senatore barlettano.
"In primis una notizia, che forse stupirà un po' tutti, compresi i sedicenti referenti di qualsivoglia movimento politico che nelle ultime settimane si stanno stracciando le vesti rispetto a questa riforma "eversiva", spesso senza aver mai letto né il testo della nuova legge né quello della Costituzione: l'autonomia differenziata esiste nella nostra Costituzione dal 2001, anno in cui fu approvata la riforma del titolo V della carta costituzionale, voluta dal centrosinistra al governo con Amato e confermata dai cittadini con referendum costituzionale. L'art. 116 co. 3, infatti, recita: "Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei princìpi di cui all'articolo 119", che impegna lo Stato a rimuovere le disuguaglianze territoriali con interventi perequativi.
Ciò che fino a ieri non esisteva, invece, e che di fatto rendeva inattuata una riforma che, ripeto, risale a 23 anni fa, era un quadro di regole uguali, di principi generali validi per tutte le Regioni, sulla base dei quali avanzare le proprie richieste di maggiore autonomia, nonché le procedure per le eventuali intese Stato-Regioni, di durata non superiore a 10 anni; inoltre, la nuova legge chiarisce che la maggiore autonomia potrà essere concessa solo dopo aver determinato i "livelli essenziali delle prestazioni", i cosiddetti Lep, cioè tutti i diritti sociali e civili che vanno garantiti sul territorio nazionale, senza distinzioni. Per non parlare poi delle forme di controllo e di monitoraggio previste, anche da parte della Corte dei Conti.
Il governo Meloni e l'attuale maggioranza, quindi, non soltanto non hanno approvato alcuna legge contraria alla Costituzione o all'unità nazionale, ma anzi hanno dato finalmente puntuale attuazione a una norma costituzionale voluta più di 20 anni fa dal centrosinistra. Che invece, in queste settimane, urla a più non posso di fatto contro l'attuazione di una riforma, appunto l'autonomia differenziata, da loro voluta nel 2001. E qui mi fermo, perché capirete che la questione esula dalla politica e diventa materia di analisi psichiatrica… Tanto dovevo per correttezza nei confronti dei cittadini, degli elettori, del territorio che mi onoro di rappresentare in Parlamento e al quale ho dimostrato in questi anni e continuerò a farlo, con fatti e risultati concreti, di prodigarmi sempre per il bene comune, lo sviluppo e la crescita", conclude il senatore barlettano.