«Anche io voglio studiare», la storia di Giuseppe, bambino ipovedente

La signora Anna ha chiesto più volte alle istituzioni il materiale necessario per suo figlio: nessuna risposta

venerdì 7 settembre 2018 0.41
A cura di Antonella Filannino
Mancano pochi giorni al suono della campanella. Un nuovo anno scolastico sta per cominciare, e per questo vi raccontiamo la storia di Giuseppe. Immaginate di essere i suoi genitori solo per pochi minuti.

Giuseppe quest'anno frequenterà la terza media presso l'istituto Comprensivo "Renato Moro". Alla domanda: quale è la tua materia preferita ha risposto: "Diverse, mi piace la Musica, Italiano, Tecnologia e Scienze." È un ragazzo solare e vivace come la maggior parte dei suoi coetanei. Dovreste vedere il suo sorriso: è contagioso. Quando nasce, Giuseppe è prematuro e ha problemi respiratori. I medici comunicano alla sua famiglia che le complicanze durante il parto hanno causato la retinopatia del prematuro: una malattia vascolare della retina oculare che, come spiega mamma Anna, provoca una riduzione della funzionalità nella zona centrale della retina. Immaginate cosa voglia dire per un genitore scoprire che il proprio bambino non potrà avere una visione del mondo come gli altri. Provateci…

Lo sancisce la Dichiarazione universale dei diritti umani dell'Onu e la nostra Costituzione Italiana: lo studio è un diritto inalienabile della persona e questo vale per tutti, anche per chi è affetto da una qualsiasi forma di disabilità. Ma se Giuseppe non ha gli strumenti necessari per poter studiare come può imparare, scoprire e "diventare" ciò che desidera? Tre anni fa la signora Anna ha inviato una domanda all'Asl per richiedere il materiale essenziale per suo figlio. Non ha preteso apparecchi ultratecnologici ma quello che serve affinché un ragazzo ipovedente possa studiare a casa e in classe. Non ha ricevuto alcuna risposta. A scuola Giuseppe è seguito da una bravissima insegnante di sostegno, ha un computer sul banco e i suoi libri scolastici sono racchiusi nei CD. Questo però non basta per un ragazzo ipovedente. Non basta perché occorre un sensore vocale per evitare che si sforzi troppo, un ingranditore oculare per il computer e una lavagna luminosa. È iscritto presso un'associazione di Barletta per ciechi e paga annualmente una retta, ma sono anni che non ha un educatore a casa.

Anna ha deciso di raccontare la storia di suo figlio e metterci la faccia. Vorrebbe arrivare al cuore di tutti affinché non solo chi è coinvolto capisca quanto sia delicato il tema della disabilità e quanto poco si muova la macchina delle istituzioni. Immaginate che Giuseppe sia vostro figlio… voi cosa fareste?