Alle studentesse di Cafierolife l'elogio del preside Luciano Gigante
Intervista al dirigente scolastico del liceo "Cafiero"
martedì 17 giugno 2014
Nelle scorse settimane la classe delle aspiranti giornaliste di Cafierolife, progetto di alternanza scuola-lavoro realizzato dal liceo "Cafiero" in collaborazione con la redazione di BarlettaViva, è tornata a cimentarsi con l'esperienza di croniste sul campo, attraverso la guida del direttore e tutor del progetto Mario Sculco. A pochi giorni dal termine dell'anno scolastico è tempo di bilanci anche per questa iniziativa: alla soddisfazione delle giovani studentesse coinvolte nel progetto, si aggiungono le parole di gradimento del dirigente scolastico del liceo "Cafiero" Luciano Gigante, che abbiamo avuto modo di intervistare proprio insieme al gruppo di Cafierolife.
Quale pensa sia il valore, sotto un aspetto didattico e formativo, di un progetto di alternanza scuola-lavoro che riguarda l'attività giornalistica e la comunicazione, discipline abbastanza inusuali tra le normali proposte in campo scolastico?
«I licei, come anche il nostro, in genere preferiscono questo tipo di curvatura per i progetti di alternanza. Essendo il liceo "Cafiero" una scuola ad ampio raggio e non professionalizzante e in particolare considerando il linguistico come un indirizzo che ha nelle lingue il suo asse culturale, abbiamo pensato che - con l'ambito culturale-linguistico che mira alla comunicazione - lo sbocco naturale fosse quello della comunicazione giornalistica e della comunicazione tout court, anche nel suo assetto istituzionale, grazie alla collaborazione col Comune di Barletta, e quindi anche con la possibilità di lavorare con le risorse del territorio».
Una volta diplomati, effettuate un monitoraggio, cercate di mantenere un contatto coi ragazzi per capire quali figure professionali nascono tra mura del "Cafiero"? Verso che tipo di studi universitari si incanalano, ad esempio?
«Lo sappiamo per via indiretta al momento. Ho cominciato a effettuare un monitoraggio diretto ma non è ancora istituzionalizzato, però sarebbe utile condurre questo tipo di ricerca per capire che tipo di destino esistenziale e lavorativo hanno i nostri studenti. Può essere un modo anche per monitorare l'efficacia formativa della scuola».
Una parte del progetto Cafierolife ha come argomento i social network. Nella sua visione e nella sua esperienza, prima come professore e ora come dirigente, negli ultimi anni come è cambiata la scuola a partire dalla diffusione dei social network? Dal suo punto di vista di dirigente, come interpreta la nascita di gruppi virtuali di studenti, che parlano della scuola, non risparmiando neppure qualche critica?
«Da ciò che scrivono gli studenti, possiamo monitorare i loro umori. Quando organizzano le loro manifestazioni, lo fanno tramite Facebook: in questo caso i social network funzionano come coagulo di volontà, oppure come semplice passaparola. Non entro personalmente nei social network perché ritengo che siano ambiti diversi e distaccati da quello scolastico. Ovviamente la scuola non è un corpo separato rispetto alla società, perciò se i social network interagiscono col corpo sociale, interagiscono anche con la scuola. Ci sono alcuni professori che inoltre utilizzano i social network come modalità di creazione di una classe virtuale, creando un gruppo chiuso in cui scambiarsi i compiti e mantenere un colloquio a distanza. In questo caso sono davvero strumenti molto preziosi».
Secondo le sue previsioni, cosa offre ora il liceo "Cafiero" e cosa offrirà nel futuro prossimo, considerando anche l'attivazione dell'indirizzo di liceo sportivo?
«Ora come ora il liceo "Cafiero" offre gli indirizzi più richiesti sul territorio. L'offerta formativa del liceo è un'offerta che il territorio sembra gradire dal momento che le iscrizioni premiano questo tipo di proposta. Il liceo sportivo era non soltanto una richiesta della scuola, quanto della città di Barletta, che ha una tradizione sportiva importante, impianti di buon livello, e una cultura sportiva che si manifesta in alcune espressioni altissime come quella di Mennea, la cui scomparsa tra l'altro ha riacceso i riflettori sui suoi successi, ma anche sul mondo sportivo in generale che a Barletta è molto florido».
Quale pensa sia il valore, sotto un aspetto didattico e formativo, di un progetto di alternanza scuola-lavoro che riguarda l'attività giornalistica e la comunicazione, discipline abbastanza inusuali tra le normali proposte in campo scolastico?
«I licei, come anche il nostro, in genere preferiscono questo tipo di curvatura per i progetti di alternanza. Essendo il liceo "Cafiero" una scuola ad ampio raggio e non professionalizzante e in particolare considerando il linguistico come un indirizzo che ha nelle lingue il suo asse culturale, abbiamo pensato che - con l'ambito culturale-linguistico che mira alla comunicazione - lo sbocco naturale fosse quello della comunicazione giornalistica e della comunicazione tout court, anche nel suo assetto istituzionale, grazie alla collaborazione col Comune di Barletta, e quindi anche con la possibilità di lavorare con le risorse del territorio».
Una volta diplomati, effettuate un monitoraggio, cercate di mantenere un contatto coi ragazzi per capire quali figure professionali nascono tra mura del "Cafiero"? Verso che tipo di studi universitari si incanalano, ad esempio?
«Lo sappiamo per via indiretta al momento. Ho cominciato a effettuare un monitoraggio diretto ma non è ancora istituzionalizzato, però sarebbe utile condurre questo tipo di ricerca per capire che tipo di destino esistenziale e lavorativo hanno i nostri studenti. Può essere un modo anche per monitorare l'efficacia formativa della scuola».
Una parte del progetto Cafierolife ha come argomento i social network. Nella sua visione e nella sua esperienza, prima come professore e ora come dirigente, negli ultimi anni come è cambiata la scuola a partire dalla diffusione dei social network? Dal suo punto di vista di dirigente, come interpreta la nascita di gruppi virtuali di studenti, che parlano della scuola, non risparmiando neppure qualche critica?
«Da ciò che scrivono gli studenti, possiamo monitorare i loro umori. Quando organizzano le loro manifestazioni, lo fanno tramite Facebook: in questo caso i social network funzionano come coagulo di volontà, oppure come semplice passaparola. Non entro personalmente nei social network perché ritengo che siano ambiti diversi e distaccati da quello scolastico. Ovviamente la scuola non è un corpo separato rispetto alla società, perciò se i social network interagiscono col corpo sociale, interagiscono anche con la scuola. Ci sono alcuni professori che inoltre utilizzano i social network come modalità di creazione di una classe virtuale, creando un gruppo chiuso in cui scambiarsi i compiti e mantenere un colloquio a distanza. In questo caso sono davvero strumenti molto preziosi».
Secondo le sue previsioni, cosa offre ora il liceo "Cafiero" e cosa offrirà nel futuro prossimo, considerando anche l'attivazione dell'indirizzo di liceo sportivo?
«Ora come ora il liceo "Cafiero" offre gli indirizzi più richiesti sul territorio. L'offerta formativa del liceo è un'offerta che il territorio sembra gradire dal momento che le iscrizioni premiano questo tipo di proposta. Il liceo sportivo era non soltanto una richiesta della scuola, quanto della città di Barletta, che ha una tradizione sportiva importante, impianti di buon livello, e una cultura sportiva che si manifesta in alcune espressioni altissime come quella di Mennea, la cui scomparsa tra l'altro ha riacceso i riflettori sui suoi successi, ma anche sul mondo sportivo in generale che a Barletta è molto florido».