Alemanno a Barletta: «Non sono falco, né colomba, investiamo sul Sud Italia»

L’ex sindaco di Roma risponde alle domande di Barlettalife

mercoledì 2 ottobre 2013
A cura di Enrico Gorgoglione
Da Roma a Barletta, per parlare delle difficoltà dei comuni italiani. In questo particolare momento dello stivale italiano, i comuni sono gli enti più colpiti dalla celebre "spending review". Sabato mattina si sono confrontati sull'argomento Gianni Alemanno, ex ministro dell'Agricoltura ed ex sindaco di Roma, e Pasquale Cascella, attuale sindaco di Barletta. Al termine del confronto, l'onorevole, recentemente fuoriuscito dai quadri del Partito della Libertà, si è concesso ai microfoni di Barlettalife per un'intervista a tutto tondo sulla situazione politica nazionale, con un occhio di riguardo sulle difficoltà del "nostro" Meridione.

Onorevole Alemanno, diamo uno sguardo a questo sud: un sud che rischia giorno dopo giorno di diventare un contenuto, tra l'altro ancora tutto da scoprire, all'interno di due "contenitori": l'Italia e l'Europa. È una visione altamente preoccupante: come si può uscire da questa situazione?
«Purtroppo, per affrontare questa cosa bisogna partire dal principio della colonia interna. Il Mezzogiorno d'Italia è stata una colonia all'interno dell'Italia, ha subito i modelli e le regole del Nord Italia quando si è fatta l'unità, e questo l'ha gravemente penalizzato. Adesso, il problema non riguarda più solo il Mezzogiorno d'Italia, ma tutto il nostro territorio, che rischia di diventare una colonia all'interno dell'Unione Europea. Tutto questo cosa vuol dire: vuol dire che ci sono due montagne da scalare per far risorgere il Mezzogiorno. Però, il problema di fondo è che il governo nazionale, superando anche quelli che possono essere i vincoli costituzionali di eccessiva autonomia regionale, deve immaginare un progetto di sviluppo del Mezzogiorno. Gli assi sono evidenti: l'agroalimentare, il turismo, le università, l'imprenditoria e la creatività giovanile, la logistica. Queste realtà devono essere la base di un piano nazionale, su cui l'Italia deve saper concentrare le risorse della nuova programmazione europea. Se c'è un progetto credibile, una capacità progettuale forte e una capacità di concentrare fondi sul Mezzogiorno, si può tornare a vedere sia l'Italia che l'Europa come un'opportunità».

Parliamo del tema del confronto tra lei e Cascella, ovvero l'amministrazione dei comuni, da quelli grandi come Roma a quelli medio-piccoli come Barletta. Quanto è difficile, in questi tempi e con la recente abolizione dell'IMU, fare qualcosa di positivo e governare all'interno di una città?
«Tutti i comuni, a prescindere dalla grandezza, sono investiti da una drammatica carenza di risorse. La spending review del governo nazionale ha inciso più sui comuni e meno su quello nazionale. C'è una carenza di risorse, a cui si aggiunge il patto di stabilità che impedisce investimenti esterni. Quindi da questo punto di vista, il governo deve comprendere che deve dare più spazio ai comuni, per permettere di chiudere i bilanci, ma soprattutto per essere nuovamente promotori dello sviluppo locale».

In questo particolare momento dell'Italia, non crede che troppo spesso le domande dei cittadini siano diverse dalle domande e dalle risposte che cercano i politici?
«Certamente si, oggi c'è un indebolimento della classe dirigente politica, che deriva anche dalla legge elettorale che fa delle liste bloccate che creano un parlamento di nominati. C'è quindi un distacco tra cittadini e classe dirigente che è molto preoccupante. Ci vuole una legge elettorale che riunifichi questi due punti, che dia realmente ai cittadini il diritto di scegliere i propri rappresentanti, il proprio candidato, con preferenze, con collegi o con le primarie. Bisogna assolutamente riformare i partiti e applicare l'articolo della Costituzione che prevede il riconoscimento giuridico dei partiti, con statuti realmente democratici e bilanci realmente trasparenti».

Durante il suo intervento, lei ha accennato alla distinzione tra falchi e colombe. Lei in questo particolare momento politico, ha affermato di non sentirsi né falco né colomba. Cosa si sente di essere?
«Non sono né falco né colomba perché non faccio più parte di Forza Italia, sono fuori da questa aggregazione. Sto ragionando per costruire un nuovo soggetto politico di destra. Il 13 ottobre farò una grande manifestazione in merito. Il dato di fondo è che dobbiamo riuscire a separare l'aspetto politico da quello istituzionale. Sull'aspetto politico bisogna difendere Berlusconi, e questo riguarda tutti, ma bisogna evitare che questa difesa contagi l'aspetto istituzionale, perché oggi comunque l'Italia ha bisogno di istituzioni forti».

Giorgio Gaber in un suo famoso brano cantava: "Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra?". In questo momento in cui il PD è sempre più PDL meno "L", c'è ancora bisogno di ideologie in questa Italia, o forse è arrivato il momento di metterle da parte per far posto al bene della nazione?
«Una distinzione di fondo tra destra e sinistra c'è e permane, e si può sintetizzare così: la sinistra crede più all'emancipazione, allo sradicamento, la destra crede di più all'identità, alle radici, alle tradizioni. Sono due approcci diversi che nascono dalla natura umana. Ciò non vuol dire che dietro questi approcci diversi non ci possano essere convergenze buon senso, concrete. Bisogna che entrambe queste invocazioni si misurano sempre con il concetto di realtà, guardando in faccia alle cose: se ci si abitua a questo concetto, è possibile, anche partendo da posizioni diverse, fare delle cose insieme. Per esempio, le riforme sui comuni, o le riforme di buon senso che potevano essere terreno d'applicazione del governo Letta-Alfano».

Chiudiamo con un pensiero dedicato a Pietro Mennea, che ha avuto i natali proprio a Barletta. Ultimamente a Roma, che ormai si può definire la sua seconda patria, hanno omaggiato questo grande campione dell'atletica nazionale e non solo. Qual è il suo pensiero sul grande ragazzo proveniente dal sud?
«Mennea, al di là di posizioni politiche abbastanza distanti dalle mie – e una cosa che non ho gradito è stato il suo schierarsi contro la candidatura di Roma alle Olimpiadi nel 2020-, è una figura straordinaria per tutti i giovani meridionali, la figura di una persona che, cominciando a correre quasi da solo in mezzo alle strade della sua città, è giunto sino ai vertici mondiali, senza impianti sportivi, senza aiuti, senza sussidi, senza niente di niente. Questo è il messaggio: che il Mezzogiorno va aiutato, bisogna creare le infrastrutture, sia dal punto di vista sportivo che generale. Ma il primo dato di fondo è quello che uno si porta nel cuore. Il messaggio di Mennea è: nulla vi può fermare se vi portate dentro la voglia di fare».