A Barletta, qual è la qualità dell'ambiente?
Una nota di Emanuele Porcelluzzi. Ultime battute del consiglio comunale
sabato 4 dicembre 2010
18.26
Nelle ultime battute del consiglio comunale barlettano, dedicato all'ambiente, i consiglieri che sono intervenuti, in coda, si sono parlati addosso, dal momento che sono rimasti ad ascoltarli appena in quattro, in compagnia di altrettanti cittadini per fortuna giovani, anche se di consiglieri ne sono stati dichiarati presenti, in quei momenti, solo quattordici.
E' fuor di luogo ogni commento in merito, perché bisogna partire dall'ambientalismo, che al pari di tutti i movimenti sociali è una forma di azione collettiva che si propone di trasformare radicalmente, con l'azione e col pensiero, taluni aspetti culturali e comportamentali della società umana, che attengono ai rapporti tra l'uomo e l'ambiente naturale. Come fenomeno culturale e associativo esso affonda le radici nella seconda metà dell'Ottocento, quando si levano le prime voci allarmate sul crescente degrado ambientale, provocato dalla dilagante civiltà industriale e iniziano a sorgere associazioni di conservazione dell'ambiente. Bisognerà attendere però il secondo dopoguerra (allorchè l'impatto delle attività umane sull'ambiente assumerà aspetti via via più vistosi) perché l'associazionismo ambientalista prenda gradatamente quota come movimento vivacemente contestatario, che amplifica le voci allarmate di studiosi di ecologia e di osservatori via via sempre più fitte.
Nel suo significato più generale, il termine ambiente indica l'insieme degli elementi fisici che circondano uno o più esseri viventi, popolazioni, specie, comunità biologiche in rapporto interattivo con essi. In questa accezione il termine compare nella definizione di ecologia, intesa come scienza che si occupa delle relazioni fra gli organismi viventi e il loro ambiente. Tuttavia solo da qualche decennio si è cominciato a parlare di questione ambientale. In estrema sintesi si può dire che, nella seconda metà del '900, è talmente cresciuto l'impatto degli uomini sul proprio ambiente, locale e globale, che non è stato loro più possibile ignorare i cambiamenti che ciò arrecava all'ambiente stesso e alla loro vita e non porsi il problema delle conseguenze che ne potevano derivare.
Fino all'inizio degli anni '70, domande del genere se le erano poste solo cerchie ristrette di studiosi, cultori di una scienza giovane, l'ecologia, e associazioni naturaliste poco ascoltate, ma quasi per nulla governi e grande pubblico. Poi, abbastanza repentinamente, prima che avesse termine il "trentennio glorioso" dello sviluppo postbellico, un ampio settore di popolazione, nei paesi economicamente più avanzati, sembrò accorgersi che quello sviluppo ( o per meglio, crescita), insieme con innegabili miglioramenti del livello di vita media, stava dando luogo a numerosi effetti collaterali di degrado ambientale, negativi per la qualità della vita e la salute umana. Nella primavera del 1970 furono soprattutto i giovani della generazione della contestazione a scoprire l'ecologia e ad accrescere le fila del movimento ambientalista, da allora in rapida ascesa.
Ormai, oltre alla percezione di un disagio locale e regionale crescente, cominciava a diffondersi una certa consapevolezza delle dimensioni globali del problema, per cui ci si cominciò a chiedere se gli uomini, sempre più numerosi, non stessero per caso forzando la capacità di sopportazione dell'intero ecosistema terrestre, alterandone gli equilibri di fondo, e non rischiassero di dilapidare troppo in fretta e irreversibilmente il patrimonio naturale: minerali, fonti energetiche, risorse vegetali e animali. In virtù del fatto che l'agricoltura ha costituito l'attività trainante dell'economia del territorio barlettano anche nel periodo postbellico, i problemi, relativi all'ambiente, sono arrivati, negli anni "50 e "60, in coincidenza con l'avvento industriale, e a causa dell'euforia del cambiamento e del miglioramento dello stile di vita, la strisciante problematica ambientale non è stata addirittura avvertita, per cui il lento processo degradante dell'ambiente è venuto alla luce ma, per una carenza culturale, è stato sottovalutato per cui è stato sufficiente non pensarci su.
Le industrie insediatesi, a Barletta, hanno ritenuto, con il "tanti omaggi alla produzione e al profitto" e col "tante scuse agli abitanti del territorio", di non preoccuparsi della natura del fumo che usciva dalle ciminiere e dei liquidi che versavano nei terreni, nei fiumi o nel mare, alla fin fine criptandoli, per cui l' eventuale dannosità sarebbe stata così accertata in tempi verosimilmente lunghi. Non potevano passare inosservati i giganteschi tralicci dell'alta tensione, emananti onde elettromagnetiche ritenute perniciose per la salute, trovatisi a ridosso dei residenti di via Canosa e di quelli abitanti alle spalle della villa "Bonelli", di cui vi è traccia, addirittura, in una pagina del "BARISERA" del 14 gennaio1999, e l'esistenza dei "Tralicci, la storia infinita" e "Quei dannati tralicci" sono ripresi rispettivamente, sempre dal "BARISERA", nelle edizioni del 10 maggio 1999 e del 20 maggio 1999, dall'autore del presente articolo. Che le cose siano cambiate, in maniera gattopardesca, non sussiste alcun dubbio, perché tutto è rimasto come prima, sempre che l'ultimo annuncio non sia quello del ricominciare ad attendere e a sperare in una risoluzione messianica.
Nel Consiglio Comunale barlettano, monotematico, quasi per caso, è stato suggerito dall'Assessore Comunale all'Ambiente, Salvatore Filannino, di costituire una Consulta e sarebbe, forse meglio, un Osservatorio, tra i cui membri vi siano eccellenze in materia ambientale, non trascurando di coinvolgere, perché competente per materia, l'Assessore Provinciale all'Ambiente della BT, Gennaro Cefola, affinchè disponga l'adozione di provvedimenti atti a rilevare lo stato di salubrità del territorio, avvalendosi anche della rilevazione puntuale e obiettiva dei dati epidemiologici, utili ai fini di bloccare il processo di inquinamento del territorio e di intraprendere le necessarie opere di bonifica.
Emanuele Porcelluzzi
E' fuor di luogo ogni commento in merito, perché bisogna partire dall'ambientalismo, che al pari di tutti i movimenti sociali è una forma di azione collettiva che si propone di trasformare radicalmente, con l'azione e col pensiero, taluni aspetti culturali e comportamentali della società umana, che attengono ai rapporti tra l'uomo e l'ambiente naturale. Come fenomeno culturale e associativo esso affonda le radici nella seconda metà dell'Ottocento, quando si levano le prime voci allarmate sul crescente degrado ambientale, provocato dalla dilagante civiltà industriale e iniziano a sorgere associazioni di conservazione dell'ambiente. Bisognerà attendere però il secondo dopoguerra (allorchè l'impatto delle attività umane sull'ambiente assumerà aspetti via via più vistosi) perché l'associazionismo ambientalista prenda gradatamente quota come movimento vivacemente contestatario, che amplifica le voci allarmate di studiosi di ecologia e di osservatori via via sempre più fitte.
Nel suo significato più generale, il termine ambiente indica l'insieme degli elementi fisici che circondano uno o più esseri viventi, popolazioni, specie, comunità biologiche in rapporto interattivo con essi. In questa accezione il termine compare nella definizione di ecologia, intesa come scienza che si occupa delle relazioni fra gli organismi viventi e il loro ambiente. Tuttavia solo da qualche decennio si è cominciato a parlare di questione ambientale. In estrema sintesi si può dire che, nella seconda metà del '900, è talmente cresciuto l'impatto degli uomini sul proprio ambiente, locale e globale, che non è stato loro più possibile ignorare i cambiamenti che ciò arrecava all'ambiente stesso e alla loro vita e non porsi il problema delle conseguenze che ne potevano derivare.
Fino all'inizio degli anni '70, domande del genere se le erano poste solo cerchie ristrette di studiosi, cultori di una scienza giovane, l'ecologia, e associazioni naturaliste poco ascoltate, ma quasi per nulla governi e grande pubblico. Poi, abbastanza repentinamente, prima che avesse termine il "trentennio glorioso" dello sviluppo postbellico, un ampio settore di popolazione, nei paesi economicamente più avanzati, sembrò accorgersi che quello sviluppo ( o per meglio, crescita), insieme con innegabili miglioramenti del livello di vita media, stava dando luogo a numerosi effetti collaterali di degrado ambientale, negativi per la qualità della vita e la salute umana. Nella primavera del 1970 furono soprattutto i giovani della generazione della contestazione a scoprire l'ecologia e ad accrescere le fila del movimento ambientalista, da allora in rapida ascesa.
Ormai, oltre alla percezione di un disagio locale e regionale crescente, cominciava a diffondersi una certa consapevolezza delle dimensioni globali del problema, per cui ci si cominciò a chiedere se gli uomini, sempre più numerosi, non stessero per caso forzando la capacità di sopportazione dell'intero ecosistema terrestre, alterandone gli equilibri di fondo, e non rischiassero di dilapidare troppo in fretta e irreversibilmente il patrimonio naturale: minerali, fonti energetiche, risorse vegetali e animali. In virtù del fatto che l'agricoltura ha costituito l'attività trainante dell'economia del territorio barlettano anche nel periodo postbellico, i problemi, relativi all'ambiente, sono arrivati, negli anni "50 e "60, in coincidenza con l'avvento industriale, e a causa dell'euforia del cambiamento e del miglioramento dello stile di vita, la strisciante problematica ambientale non è stata addirittura avvertita, per cui il lento processo degradante dell'ambiente è venuto alla luce ma, per una carenza culturale, è stato sottovalutato per cui è stato sufficiente non pensarci su.
Le industrie insediatesi, a Barletta, hanno ritenuto, con il "tanti omaggi alla produzione e al profitto" e col "tante scuse agli abitanti del territorio", di non preoccuparsi della natura del fumo che usciva dalle ciminiere e dei liquidi che versavano nei terreni, nei fiumi o nel mare, alla fin fine criptandoli, per cui l' eventuale dannosità sarebbe stata così accertata in tempi verosimilmente lunghi. Non potevano passare inosservati i giganteschi tralicci dell'alta tensione, emananti onde elettromagnetiche ritenute perniciose per la salute, trovatisi a ridosso dei residenti di via Canosa e di quelli abitanti alle spalle della villa "Bonelli", di cui vi è traccia, addirittura, in una pagina del "BARISERA" del 14 gennaio1999, e l'esistenza dei "Tralicci, la storia infinita" e "Quei dannati tralicci" sono ripresi rispettivamente, sempre dal "BARISERA", nelle edizioni del 10 maggio 1999 e del 20 maggio 1999, dall'autore del presente articolo. Che le cose siano cambiate, in maniera gattopardesca, non sussiste alcun dubbio, perché tutto è rimasto come prima, sempre che l'ultimo annuncio non sia quello del ricominciare ad attendere e a sperare in una risoluzione messianica.
Nel Consiglio Comunale barlettano, monotematico, quasi per caso, è stato suggerito dall'Assessore Comunale all'Ambiente, Salvatore Filannino, di costituire una Consulta e sarebbe, forse meglio, un Osservatorio, tra i cui membri vi siano eccellenze in materia ambientale, non trascurando di coinvolgere, perché competente per materia, l'Assessore Provinciale all'Ambiente della BT, Gennaro Cefola, affinchè disponga l'adozione di provvedimenti atti a rilevare lo stato di salubrità del territorio, avvalendosi anche della rilevazione puntuale e obiettiva dei dati epidemiologici, utili ai fini di bloccare il processo di inquinamento del territorio e di intraprendere le necessarie opere di bonifica.
Emanuele Porcelluzzi