A Barletta e dovunque, non si deve morire per il lavoro

Quattro giovani donne vittime della mala edilizia. Succede in un Paese che scarica le proprie responsabilità sugli organi periferici

mercoledì 19 ottobre 2011
A cura di Emanuele Porcelluzzi
In un batter di ciglia, quattro giovani donne, tra l'altro, anche madri e una giovinetta sono perite tragicamente a seguito di un improvviso crollo di una palazzina, sita nel centro cittadino. Un simile e luttuoso fatto è accaduto, negli anni '50, in cui il venir meno di un edificio di più piani provocò la morte di una cinquantina di persone. Entrambi questi incresciosi episodi sono la "facies" della vita sociale della popolazione barlettana: il primo crollo, quello avvenuto nel '50, è l'espressione di un maldestro tentativo di rinnovamento edilizio e di uno slancio positivo verso una rivalutazione da parte di un pezzo della piccola borghesia, che affonda, tradizionalmente, le sue radici nella intellettualità di una classe emergente a livello impiegatizio e di docenti. Il prezzo pagato da costoro fu quello di perdere la vita, perché lo stesso processo non era avvenuto, contestualmente, nel campo edilizio, non rivalutatosi con l'aggiornamento sotto il profilo tecnico. Sembrerebbe che un processo contrario abbia travolto le cinque giovani donne, connesso al fatto che le abitazioni, ubicate nella parte centrale della città, datano i primi anni del secolo scorso, e sono occupate, prevalentemente, da agricoltori o da addetti, contigui ad una economia agricola non più fiorente come una volta, per cui hanno finito per accogliere, stante il diffondersi delle costruzioni condominiali, persone, non sempre, aventi capacità creditizia sufficiente a ristrutturare il vetusto manufatto, attendendo, con rassegnata pazienza, che se ne creassero, sub specie condominiale, delle nuove in luogo di quello esistente, ricavando, così, un'utilità e un benessere economico.

E' accaduto che l'abbattimento e la ricostruzione di questi centenari edifici avvenisse a guisa di pelle di leopardo, per soddisfare la brama edilizia di gettare cemento in ogni dove per fini ovviamente speculativi, riuscendo, in qualche occasione a rendere meno bella la città della Disfida: un male oscuro che, tuttora, travaglia il tessuto sociale locale da "tempo immemorabile". Allorquando si cavalca l'illogica teoria del fare, ad ogni costo e senza regole, per guadagnare subito e parecchio, si rischia di rimanere invischiati nella tela di un ragno mortifero: quattro giovani donne, travolte da un beffardo e cinico destino, aggravato dal fatto che dovevano guadagnare il poco per sopravvivere senza tutele sia in corso di prestazione d'opera sia poi nella vecchiaia mentre i primi e numerosi morti hanno pagato, invece, lo scotto di aver preso, anzitempo, l'ascensore sociale. Tutti costoro sono vittime di un Paese, che delle regole se ne infischia perché è molto semplice scaricare le proprie responsabilità sugli organi periferici.