26 giugno 1994 – 26 giugno 2022: l'evoluzione del centrodestra a Barletta
Dagli anni bui al trionfo elettorale
martedì 28 giugno 2022
La vittoria a Barletta del centrodestra guidato da Mino Cannito rappresenta l'ideale chiusura di un cerchio temporale apertosi esattamente 28 anni fa.
Era il 26 giugno 1994 (quando si dice le coincidenze), e anche allora si trattava di un turno di ballottaggio: quello tra l'avvocato Raffaele Fiore per il centro sinistra, e il suo collega Carmine Di Paola per il centro destra.
Alla fine prevalse Raffaele Fiore per circa duemila voti, diventando così il primo sindaco di Barletta eletto direttamente dai cittadini, secondo la nuova legge entrata in vigore nel 1993.
All'avvocato Carmine Di Paola, oltre al platonico "onore delle armi" rimase da un lato la soddisfazione di aver portato l'ex MSI a diventare il primo partito in città, e dall'altro l'amarezza e le polemiche per un sostegno da parte delle altre liste della coalizione al turno di ballottaggio che forse poteva essere più consistente.
L'avvocato Di Paola – causa la quasi immediata caduta dell'amministrazione Fiore – ci avrebbe riprovato, con il medesimo risultato, anche nel 1996, quando a prevalere fu la neonata coalizione dell'Ulivo guidata dal dottor Ruggiero Dimiccoli.
Ma anche Dimiccoli, come il suo predecessore Raffaele Fiore, sarà azzoppato dalla sua stessa maggioranza dopo appena un anno di amministrazione.
Dopo due consiliature sciolte prematuramente il centrosinistra sembra stavolta in difficoltà: anche nel trovare il candidato sindaco ideale per le comunali del 16 novembre 1997. Ma mentre l'Ulivo riesce, non senza patemi d'animo, a convergere sulla figura del dottor Francesco Salerno, il centro destra ha la "brillante" idea di presentarsi diviso all'appuntamento elettorale, con da una parte il dottor Antonio Luzzi appoggiato da Forza Italia e Alleanza Nazionale, e dall'altra Costantino Palmitessa appoggiato dal CCD-CDU e dai socialisti. Il risultato, come noto a tutti, sarà la terza sconfitta del centro destra al ballottaggio in poco più di tre anni, e l'inizio a Barletta dell'era Salerno che durerà 8 anni. Un periodo durante il quale la ex "Casa delle Libertà" riuscirà a spaccarsi anche su una figura leggendaria per la nostra città come il campione olimpico Pietro Mennea: il candidato ideale per Forza Italia (più che altro per i vertici nazionali del partito di Berlusconi); troppo "forestiero" invece per Alleanza Nazionale.
Finisce naturalmente che nel maggio 2002, un Francesco Salerno alla guida di una coalizione di centrosinistra monca (la Margherita ha candidato Luigi Terrone), e che iniziava ad essere troppo ingombrante anche per il suo partito (il PDS), stravince al primo turno con ben venti punti di vantaggio su Pietro Mennea, dando così il via al periodo più buio del centrodestra barlettano. Già perché se all'epoca, con la netta sconfitta di Pietro Mennea, si pensò di avere toccato il fondo, evidentemente negli anni successivi si iniziò di gran lena a scavare, tant'è che nel 2006 – vittima sacrificale il magistrato Carlo Di Bello – il centrodestra raggiungerà il suo minimo storico assestandosi a poco più di un imbarazzante 20%, di fronte al 72% dell' "Unione" guidata dall'ingegner Nicola Maffei e trascinata impetuosamente dalla scia dell' "effetto Salerno", oltre che da una decina abbondante di liste.
Dopo l'ecatombe, la distruzione, l'armageddon del 2006, a questo punto la coalizione di centrodestra di Barletta, guidata dal neonato PDL, non può che crescere. Ma più che per suoi meriti effettivi, lo fa grazie alle peripezie del centrosinistra, che prima prova a far fuori Maffei in modo elegante con le primarie di coalizione del febbraio 2011, e poi ci riesce nell'ottobre del 2012 sfiduciandolo dal notaio a poco più di un anno dall'inizio della sua seconda sindacatura.
Anche stavolta il centro destra sembra reagire agli eventi con ritardo e i nomi, più o meno campati in aria di candidati sindaco si sprecano: almeno fino a quando Giovanni Alfarano, considerato allora il vero e proprio "dominus" della coalizione, non decide di scendere in campo di persona.
La strada per la poltrona di primo cittadino per Alfarano si presenta però sin da subito in salita, in quanto il centro sinistra ha deciso di candidare niente meno che Pasquale Cascella: portavoce del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nonché già firma tra le più autorevoli de " l'Unità".
Pur sconfitto, Giovanni Alfarano, avrà tuttavia il merito di riportare il centrodestra barlettano al ballottaggio dopo ben 16 anni di solenni batoste, miste a mortificanti umiliazioni.
I cinque anni di amministrazione di Pasquale Cascella, alla guida di un centrosinistra oramai logoro, trascorreranno come al solito: cioè all'insegna di spaccature, mancanze di numero legale in aula assortite e traffico ferragostano tra maggioranza, opposizione e gruppo misto.
Cascella si dimetterà più o meno un mese prima della fine del suo mandato che coinciderà con l'ultima maggioranza di centro sinistra alla guida della città di Barletta prima del vincente ma tormentatissimo esperimento civico a guida Cannito con dentro l'intero centro destra (ma senza simboli di partito), sedicenti nostalgici "salerniani", "emiliani" (nel senso di Michele) e oltre mezzo Partito Democratico sapientemente diluito in una o più liste civiche. Un vero e proprio Frankenstein politico durato tre anni e culminato nell'ormai celeberrima mozione di sfiducia a firma Carmine Doronzo, da cui ha avuto inizio una campagna elettorale tra le più accese che Barletta ricordi.
Una campagna elettorale che ha portato alla storica affermazione a Barletta del centro-destra che così chiude definitivamente il 26 giugno 2022 quel cerchio di delusioni e di pesanti rovesci iniziato il 26 giugno 1994.
Era il 26 giugno 1994 (quando si dice le coincidenze), e anche allora si trattava di un turno di ballottaggio: quello tra l'avvocato Raffaele Fiore per il centro sinistra, e il suo collega Carmine Di Paola per il centro destra.
Alla fine prevalse Raffaele Fiore per circa duemila voti, diventando così il primo sindaco di Barletta eletto direttamente dai cittadini, secondo la nuova legge entrata in vigore nel 1993.
All'avvocato Carmine Di Paola, oltre al platonico "onore delle armi" rimase da un lato la soddisfazione di aver portato l'ex MSI a diventare il primo partito in città, e dall'altro l'amarezza e le polemiche per un sostegno da parte delle altre liste della coalizione al turno di ballottaggio che forse poteva essere più consistente.
L'avvocato Di Paola – causa la quasi immediata caduta dell'amministrazione Fiore – ci avrebbe riprovato, con il medesimo risultato, anche nel 1996, quando a prevalere fu la neonata coalizione dell'Ulivo guidata dal dottor Ruggiero Dimiccoli.
Ma anche Dimiccoli, come il suo predecessore Raffaele Fiore, sarà azzoppato dalla sua stessa maggioranza dopo appena un anno di amministrazione.
Dopo due consiliature sciolte prematuramente il centrosinistra sembra stavolta in difficoltà: anche nel trovare il candidato sindaco ideale per le comunali del 16 novembre 1997. Ma mentre l'Ulivo riesce, non senza patemi d'animo, a convergere sulla figura del dottor Francesco Salerno, il centro destra ha la "brillante" idea di presentarsi diviso all'appuntamento elettorale, con da una parte il dottor Antonio Luzzi appoggiato da Forza Italia e Alleanza Nazionale, e dall'altra Costantino Palmitessa appoggiato dal CCD-CDU e dai socialisti. Il risultato, come noto a tutti, sarà la terza sconfitta del centro destra al ballottaggio in poco più di tre anni, e l'inizio a Barletta dell'era Salerno che durerà 8 anni. Un periodo durante il quale la ex "Casa delle Libertà" riuscirà a spaccarsi anche su una figura leggendaria per la nostra città come il campione olimpico Pietro Mennea: il candidato ideale per Forza Italia (più che altro per i vertici nazionali del partito di Berlusconi); troppo "forestiero" invece per Alleanza Nazionale.
Finisce naturalmente che nel maggio 2002, un Francesco Salerno alla guida di una coalizione di centrosinistra monca (la Margherita ha candidato Luigi Terrone), e che iniziava ad essere troppo ingombrante anche per il suo partito (il PDS), stravince al primo turno con ben venti punti di vantaggio su Pietro Mennea, dando così il via al periodo più buio del centrodestra barlettano. Già perché se all'epoca, con la netta sconfitta di Pietro Mennea, si pensò di avere toccato il fondo, evidentemente negli anni successivi si iniziò di gran lena a scavare, tant'è che nel 2006 – vittima sacrificale il magistrato Carlo Di Bello – il centrodestra raggiungerà il suo minimo storico assestandosi a poco più di un imbarazzante 20%, di fronte al 72% dell' "Unione" guidata dall'ingegner Nicola Maffei e trascinata impetuosamente dalla scia dell' "effetto Salerno", oltre che da una decina abbondante di liste.
Dopo l'ecatombe, la distruzione, l'armageddon del 2006, a questo punto la coalizione di centrodestra di Barletta, guidata dal neonato PDL, non può che crescere. Ma più che per suoi meriti effettivi, lo fa grazie alle peripezie del centrosinistra, che prima prova a far fuori Maffei in modo elegante con le primarie di coalizione del febbraio 2011, e poi ci riesce nell'ottobre del 2012 sfiduciandolo dal notaio a poco più di un anno dall'inizio della sua seconda sindacatura.
Anche stavolta il centro destra sembra reagire agli eventi con ritardo e i nomi, più o meno campati in aria di candidati sindaco si sprecano: almeno fino a quando Giovanni Alfarano, considerato allora il vero e proprio "dominus" della coalizione, non decide di scendere in campo di persona.
La strada per la poltrona di primo cittadino per Alfarano si presenta però sin da subito in salita, in quanto il centro sinistra ha deciso di candidare niente meno che Pasquale Cascella: portavoce del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nonché già firma tra le più autorevoli de " l'Unità".
Pur sconfitto, Giovanni Alfarano, avrà tuttavia il merito di riportare il centrodestra barlettano al ballottaggio dopo ben 16 anni di solenni batoste, miste a mortificanti umiliazioni.
I cinque anni di amministrazione di Pasquale Cascella, alla guida di un centrosinistra oramai logoro, trascorreranno come al solito: cioè all'insegna di spaccature, mancanze di numero legale in aula assortite e traffico ferragostano tra maggioranza, opposizione e gruppo misto.
Cascella si dimetterà più o meno un mese prima della fine del suo mandato che coinciderà con l'ultima maggioranza di centro sinistra alla guida della città di Barletta prima del vincente ma tormentatissimo esperimento civico a guida Cannito con dentro l'intero centro destra (ma senza simboli di partito), sedicenti nostalgici "salerniani", "emiliani" (nel senso di Michele) e oltre mezzo Partito Democratico sapientemente diluito in una o più liste civiche. Un vero e proprio Frankenstein politico durato tre anni e culminato nell'ormai celeberrima mozione di sfiducia a firma Carmine Doronzo, da cui ha avuto inizio una campagna elettorale tra le più accese che Barletta ricordi.
Una campagna elettorale che ha portato alla storica affermazione a Barletta del centro-destra che così chiude definitivamente il 26 giugno 2022 quel cerchio di delusioni e di pesanti rovesci iniziato il 26 giugno 1994.